Sviluppo negativi for Dummies – parte 1

On 31/05/2012 by Nicola Focci

Mosca, Cremlino, 2011 - Kodak TMax 400 in ID11 1+1

Comincio questa serie di articoli in cui metto umilmente a disposizione la mia esperienza (pur breve) in questo ambito. Cercherò di infilare le scarpe di chi comincia da zero, ed ha comprensibilmente molti dubbi di carattere sia teorico che pratico.

Due necessarie premesse:

  • Si parla del bianco e nero, non del colore. Quest’ultimo richiede procedure più complesse e stringenti, e a mio parere non ne vale più di tanto la pena.
  • Alla domanda <<ha ancora senso sviluppare da sé i negativi in bianco e nero?>>, rispondo: assolutamente sì. Ne parlo meglio  in questo documento, cui rimando per gli approfondimenti del caso: La pellicola nell’era digitale. Qui spiego anche, brevemente, come avviene il processo chimico di sviluppo.

La lista della spesa

Vediamo cosa occorre procurare. Non si tratta né di tanta roba, né di troppi soldi.

  • Due cilindri graduati, necessari per preparare le soluzioni. Ne bastano un paio da 200 o 250cc, al costo totale di pochi euro. Si acquistano nei negozi di casalinghi.
  • Caraffa graduata da un litro, come sopra.
  • Pinze per appendere la pellicola ad asciugare. Vanno bene anche le comuni mollette da bucato.
  • Due bottiglie di plastica da mezzo litro: conterranno le soluzioni di lavoro. Quelle dell’acqua vanno benissimo, magari di colori diversi.
  • Un termometro (con range di misurazione da 15°C a 30°C, ad alcool va benissimo), pochi euro in un negozio per casalinghi.
  • Sviluppo: io uso l’Ilford ID11, polvere per fare 1 litro*, 6 euro circa. Si acquista in rete o in negozi specializzati.
  • Fissaggio: io uso l’Ilford Rapid Fixer, flacone da 500cc sufficiente per 2 litri** , 7 euro circa.
  • Imbibente: io uso l’Ilford Ilfotol, flacone da 1 litro. Costa un po’ (sui 15 euro) ma è sufficiente per decine e decine di pellicole. Si acquista in rete o in negozi specializzati.
  • Una stanza a prova di luce, o, alternativamente, una changing bag.
  • Una sviluppatrice (tank in inglese).

* In diluizione 1+1, e in tank da 290cc,  un litro di sviluppo è sufficiente per 6 rullini.
** In diluizione 1+4, e in tank da 290cc, due litri di fissaggio sono sufficienti per oltre 30 rullini.

(Per gli acquisti on-line, io mi sono sempre trovato molto bene con Fotomatica. Dal loro sito è anche possibile scaricare il catalogo completo).
Vediamo di approfondire gli ultimi due elementi della lista, che sono meno banali degli altri.

fare buio

Per sviluppare la pellicola, occorre estrarla dal rullino e caricarla sulla sviluppatrice o tank (che vedremo dopo). Tale operazione va fatta al buio assoluto… e quando dico “assoluto”, intendo proprio totale: la pellicola è sensibilissima e non perdona.

Ora, rendere una stanza totalmente oscura sembra cosa semplice, ma non lo è. Non è sufficiente abbassare le tapparelle o chiudere gli scuri! Provare per credere: chiudetevi dentro la stanza per qualche minuto, abituando gli occhi, e scoprirete subito alcuni spiragli che sul momento erano sfuggiti. Vanno eliminati tutti!

L’alternativa alla stanza buia è la changing bag, ossia una specie di sacco a prova di luce dotato di due manicotti dove si infilano le braccia. E’ comoda – è il sistema che uso io – ma un po’ problematica d’estate perché lì dentro si suda anche parecchio!

Che sia buia o sia illuminata, la stanza dove sviluppiamo dovrebbe disporre possibilmente di acqua corrente: avendo a che fare con soluzioni liquide, un lavello è sicuramente comodo. Da sconsigliare la cucina, per ovvi motivi (gli sviluppi sono a base di questa roba qui, non proprio salutare); meglio il bagno, o una cantina/garage dotata di lavello.

la tank

Si tratta sicuramente dell’elemento più tecnico e costoso (fo per dire) dell’intero ‘ambaradàn’.

E’ un recipiente a prova di luce, somigliante ad una sorta di nera caraffa la cui apertura superiore è chiusa da un imbuto svitabile. Il foro di tale imbuto permette l’introduzione delle soluzioni di sviluppo; poi c’è un tappo di gomma per chiudere il tutto.

All’interno di questa curiosa caraffa, viene collocata una (o più, in base alle dimensioni della tank) spirale che contiene la pellicola da sviluppare.

I principali produttori di tank sono Paterson e AP. Io uso Paterson.

regole auree

Chiarito il “cosa”, il “come”, e il “dove”, resta ancora un sassolino nella scarpa: mettere in chiaro alcune regole auree dello sviluppo.

Il processo come vedremo non è affatto difficile  (tutt’altro!), ma ha i suoi ‘paletti’. Leggeteli, valutateli, e decidete se la cosa fa per voi o meno.

Controllare la temperatura

Le soluzioni di sviluppo devono avere una temperatura compresa tra 19°C e 24°C. Qui purtroppo non ci sono deroghe, specialmente per il limite superiore (oltre i 25°C si rischiano danni all’emulsione della pellicola). Il termometro della nostra lista della spesa serve esattamente a questo.

Dove abito io (Bologna), la situazione ideale – cioè quella in cui le soluzioni a temperatura ambiente sono già sui 20°C – si verifica per due-max-tre mesi l’anno. Nei restanti, bisogna arrangiarsi:

  • D’inverno, la temperatura delle soluzione è tendenzialmente più bassa di 19 gradi. Qui viene in aiuto il classico bagnomaria, magari “aiutato” da un comune riscaldatore da acquari (pochi euro in un negozio specializzato): basta essere pazienti, ed aspettare che la temperatura delle soluzioni raggiunga il valore ideale (20°C o poco più, come vedremo quando si parlerà dello sviluppo).
  • D’estate, quando la colonnina va a 30 e più gradi, la temperatura delle soluzioni schizza oltre 24°C. Non resta che abbassarla usando del ghiaccio nel predetto bagnomaria. Molto utili a tal fine i “bussolotti” vuoti delle pellicole: si riempiono d’acqua, si mettono nel congelatore, e poi si collocano nel bagnomaria.

Considerazione personale: quando fa davvero caldo, ritengo che sia meglio rinunciare allo sviluppo. Intanto, perché trovo più difficile controllare il raffreddamento del bagnomaria rispetto al suo riscaldamento. Poi perché la temperatura dello sviluppo ha il brutto vizio di aumentare anche durante lo sviluppo stesso (che dura svariati minuti): per questo, e lo vedremo, occorre controllarla anche in corso d’opera. Infine, e come già ho scritto, dentro alla changing bag si rischia di creare un ambiente ideale alla crescita delle cozze e non tanto al caricamento della tank.

Prendersi il proprio tempo

Lo sviluppo del negativo è un processo della durata di 45′ circa che va compiuto “tutto di un fiato”, cioè senza interruzioni.

Spegnete il cellulare, parcheggiate il/la vostro/a compagno/a sul divano davanti all’ultima puntata di “Grey’s Anatomy”, e dateci dentro. Niente distrazioni.

Essere metodici

Lo sviluppo del negativo somiglia un po’ alla procedura per farsi la barba o depilarsi: inizialmente sembra complicato… ma poi ognuno trova il suo sistema (chi col rasoio elettrico, chi con la lametta, chi partendo da sinistra, chi da destra…) e diventa un automatismo ad alta efficienza. Chi si sognerebbe di cambiare procedura ogni volta? Nessuno, ovviamente.

Dico questo perché spesso si leggono molte teorie su come fare una determinata fase dello sviluppo piuttosto che un’altra (se usare o meno l’arresto, come fare il lavaggio finale, come agitare la tank, che cronometro usare, ecc ecc). Ecco, io credo che sia opportuno “battezzare” una ricetta ben precisa – che dia esiti positivi ovviamente – e cercare di seguire sempre quella.

I risultati riproducibili sono frutto di un metodo sistematico.

Divertirsi!

L’ho messo per ultima, ma è la cosa più importante. Non è un lavoro, è una passione! Se diventa un peso, tornate subito al digitale senza pensarci due volte.

Per oggi, basta così!

Nella “prossima puntata” faremo una panoramica sul processo nel suo insieme, vedremo come preparare le soluzioni chimici, e lavoreremo sul caricamento della pellicola nella tank.

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