Dietro le quinte: ‘Napalm girl’ (Nick Ut)

On 20/11/2012 by Nicola Focci

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La fotografia sa essere davvero strana: può diventare un’icona, anche se finisce per cambiare poco e per nascondere non pochi scheletri nel proprio armadio.

Questo è accaduto, a mio modo di vedere, con la foto qui sopra.

Fu scattata da Huỳnh Công Út (meglio conosciuto anche come Nick Ut), un fotografo dell’Associated Press, l’8 Giugno 1972 nel suo paese: il Vietnam.

La bimba che corre urlando per il dolore causatole dalle ustioni si chiama Kim Phùc, ha 9 anni, e sta fuggendo dal villaggio di Trang Bang.

Cosa era successo? Il villaggio – una cinquantina di chilometri a nord di Saigon – era stato bombardato dalle forze militari sudvietnamiti, per terrorizzare le popolazioni che appoggiavano le forze del nord. Il villaggio era però pieno anche di civili inermi, donne e bambini.

Nick Ut si trova lì, con la sua Leica M, lungo la strada che conduce al villaggio in fiamme. Prima fa il suo lavoro, e cioè scatta la foto che gli farà vincere il Premio Pulitzer; e poi va subito in soccorso della bimba ustionata, che in seguito (e va detto) gli sarà riconoscente della vita.

L’istante, congelato per l’eternità, è scioccante: la bimba disperata, sofferente, il corpo coperto di ustioni, quelle braccia larghe quasi a voler spiccare il volo e allontanarsi da morte e devastazione…

La foto fu pubblicata con un certo ritardo perché non tutti in AP (l’agenzia di Nick Ut) approvavano il contenuto di nudità della foto, ma alla fine uscì sui giornali il 12 Giugno. Destò grande scalpore, anche se non contribuì ad arrestare un conflitto che proseguì per altri tre anni.

Di per sé, e parlo sempre fotograficamente, qui non ci sono grandi “dietro le quinte”.

Il fotogiornalismo si basa sull’essere presenti ed avere prontezza, coraggio, e tempismo: Nick Ut, un giovanissimo fotografo di 21 anni, era lì. E scelse un azzeccato punto di vista frontale. Anche un altro fotoreporter poi diventato famoso, David Burnett, era lì a fianco a Ut; ma era impegnato a cambiare il rullino della sua vecchia Leica a vite… e perse l’attimo.

<<f/8 and be there>>: il vecchio motto del fotogiornalismo.

Ma… è davvero tutto qui?

Cercando in rete, si trovano altre versioni non tagliate di quella foto:

…e una cosa balza subito all’occhio: sulla destra, un fotoreporter che armeggia al suo apparecchio, sostanzialmente incurante di quanto gli sta succedendo intorno.

Si comprendono le ragioni del taglio: l’immagine avrebbe perso drammaticità. Anzi, poteva diventare un boomerang.

Ma su Youtube è anche reperibile un video (fonte ITN) dove – al minuto 0:50 e successivi – si vede Kim Phùc correre mentre viene ripresa da un operatore e immortalata da vari reporter: quasi un vero e proprio codazzo cine-fotografico. A dimostrazione che la scena era stata non certo preparata ma comunque prevista e quindi debitamente documentata.

Tutto questo non traspare nel taglio dell’immagine che poi sdegnò il mondo e vinse il Pulitzer, a dimostrazione che spesso dietro a una fotografia c’è molto più di quanto si veda, e, a volte, molto di più che non si vuole far vedere.

Fonti:
http://www.mediastudies.it/IMG/pdf/Kim_Phuc._Storia_di_una_foto_del_Vietnam_1.09.pdf
http://photothisandthat.co.uk/2012/08/18/nick-uts-iconic-napalm-girl-photo/
http://www.usitmedia.com/editoriali/polArticles.cfm?doctype_code=EDITOR%20Article&doc_id=918
http://en.wikipedia.org/wiki/Nick_Ut
http://en.wikipedia.org/wiki/File:TrangBang.jpg
http://www.petapixel.com/2012/09/19/interview-with-nick-ut-the-photojournalist-who-shot-the-iconic-photo-napalm-girl/

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