Gillian Wearing, ‘Signs that Say What You Want Them to Say and Not Signs that Say What Someone Else Wants You to Say’
Il titolo di questo progetto è chilometrico: “Segni che dicono ciò che vuoi essi dicano e non segni che dicono ciò che qualcun altro vuole che tu dica”.
L’idea è in realtà semplice: Gillan Wearing (nata a Birmingham e quindi nella conservatrice Inghilterra) avvicina alcuni estranei per strada, i classici rappresentanti della società civile o locals. Poi mette loro in mano un cartello bianco, un pennarello, e chiede di scrivere qualcosa: ciò che vogliono, senza limitazioni. Quindi, li fotografa.
Non è dato a sapere se il messaggio scritto sul cartello sia autobiografico, o se la persona – sapendo poi di mettersi in posa – ha “giocato”. Tutto quello che l’osservatore ha, è quanto mostrato dalla fotografia.
In realtà, ai fini di questo progetto, non è neanche necessario sapere se le scritte sono autobiografiche. Perché di fatto rappresentano l’opposto di una didascalia della realtà: allestiscono domande, costruiscono dubbi, lasciano molto all’immaginazione.
Gillan Wearing è più un’artista concettuale che una fotografa, e utilizza il mezzo per porre dei dubbi che ciascuno “spettatore” è libero di sciogliere a modo suo.
E’ sempre il solito refrain: la fotografia mostra, non dimostra.
A parte ciò, però, la Wearing in questo progetto (che risale ai primi anni ’90) cerca anche di scardinare quella sorta di pudore tipicamente inglese a parlare dei fatti propri in pubblico. Oggi, nell’epoca di Facebook e Twitter, questo progetto potrebbe forse far sorridere; ma come sempre, va contestualizzato.
In questo caso, la Wearing dichiarò che il fatto di essere un’estranea per queste persone – ossia una donna che non avrebbero rivisto più – le ha facilitato l’approccio ed ha reso i suoi soggetti più disponibili ed aperti.
Fonti:
http://www.tate.org.uk/art/artworks?gid=66092!&ws=acno&wv=list
http://www.postmedia.net/999/wearing.htm