A proposito di composizione
Consultare le regole della composizione prima di scattare una fotografia è come consultare la legge di gravità prima di uscire a fare una passeggiata. (Edward Weston)
Questa immagine è tratta da un volume “Pictorial Composition and the Critical Judgment of Pictures” di Henry Rankin Poore, un libro del 1903 liberamente scaricabile dal progetto Gutenberg.
(Fare clic sull’immagine per ingrandirla)
E’ abbastanza risaputo che la fotografia, all’inizio della propria storia, si rifaceva pesantemente alla pittura: basta pensare alla corrente del cosiddetto pittorialismo. Non sorprende, quindi, l’impostazione di questo testo del 1903.
Ciò che semmai potrebbe sorprendere, è che basta sfogliare in libreria un qualunque manuale di fotografia per rendersi conto che questa impostazione “classica” sulla composizione è ancora molto insegnata e diffusa. Ad esempio nei testi di Michael Freeman, che peraltro apprezzo.
Mi piacerebbe chiedere ai miei quattro lettori: che ne pensate dello schema precedente (o schemi analoghi)?
E utile? E’ necessario, in una fase iniziale, per apprendere i corretti principi della composizione?
Oppure è eccessivamente cervellotico e la fotografia deve essere più spontanea possibile? Siamo ancora troppo ancorati ad un modo “tradizionale” di insegnare la fotografia, mutuato dalla storia dell’arte?
Ciao
Mi fa piacere questo tuo post perché è un argomento che ho affrontato anche io tempo addietro (appena ho tempo lo riproporrò anche nel mio blog) ma provo quì a sintetizzarlo:
Iniziamo dal citare il Blog di M. Smargiassi del 30/10/2013:
“Per come la vedo io, è un equivoco simile a quello con cui pensiamo la grammatica della lingua. La grammatica non è la tavola di marmo della Legge delle Parole. È la razionalizzazione a posteriori, di tipo quasi statistico, degli usi prevalenti di una lingua in un certo stadio della sua evoluzione storica. Noi parlanti non usiamo il passato remoto perché l’ha inventato la grammatica. La grammatica ha definito il “passato remoto” perché noi parlanti lo usiamo.” […] “Perfino Cartier-Bresson, il sacerdote della sezione aurea, convinto che la fotografia fosse geometria, non ha mai buttato giù qualche schemino con le griglie e le diagonali: per lui, la composizione era intuizione momentanea non razionale, e cosa intendeva per equilibrio delle forme lo possiamo solo dedurre dalle sue immagini.” […]
“Dedurre la “bellezza in fotografia” dalla corrispondenza di una certa foto a regole ricavate statisticamente in un certo periodo, luogo, stile, non vuol dire che quella foto si è avvicinata all’ideale, ma che si è adeguata a uno stile, cioè a un set di scelte già fatte da altri. Cosa che può dare molta soddisfazione, ma anche no. Comunque dà tanti like suisocial network, questo è vero.
Ma scomporsi, per un fotografo, è una buona esperienza. E serve per trovare, collaudare, adottare altre “bellezze in fotografia” che i compilatori di manuali di composizione accoglieranno, dopo, come regole.”
Invece un classico della fotografia, Andreas Feininger, nel suo classico “Principi di Composizione” così si esprimeva, riassumendo:
“Se la maggior parte dei fotografi sono in disaccordo su aspetti particolari riguardanti la composizione, su un punto sono d’accordo: una fotografia composta bene è più efficace di una fotografia composta male. Seguendo questo filo logico possiamo dedurre che lo scopo della composizione è intensificare l’effetto di una fotografia. L’importanza della composizione è testimoniata dal fatto che sia in fotografia che in pittura esistono forme grafiche basate esclusivamente sulla composizione: le nature morte e le composizioni astratte.”
L’autore consiglia quindi agli aspiranti fotografi uno studio approfondito della pittura astratta e semiastratta: artisti come Mondrian, Kline e Feininger (padre, famoso pittore astrattista).
Secondo me infine, e per quel che conta il mio pensiero, la composizione è al servizio del linguaggio del fotografo e quindi possono tranquillamente esser presenti elementi fuori dalle “regole” nella fotografia se servono al fotografo e al suo linguaggio consapevole (da escludere ogni forma di composizione puramente casuale e/o illogica).
Spero di aver dato il mio piccolo contributo alla tua ricerca.
Domenico, ti ringrazio moltissimo per la tua risposta, perché offre a me (e a chiunque leggerà) molti spunti risolutivi.
In sostanza direi che Smargiassi e Feninger tracciano due “regole-non-regole” molto utili: le norme di composizione non sono tavole della legge, e devono essere finalizzate a comunicare efficacemente il messaggio.
Due aspetti che reputo fondamentali e forse non vengono sufficientemente evidenziati nei libri e/o corsi rivolti ai principianti.
“Impara l’arte e mettila da parte”: direi che la saggezza popolare, come spesso accade, centra il nocciolo della questione.
Sarei felicissimo se potessi ospitare sul mio blog un tuo guest post!
Certo non c’è alcun problema per il guest post, quando vuoi.