Può un ‘amatore’ essere un ‘artista’?

On 11/04/2014 by Nicola Focci
3

Un profilo Facebook…

5

…e un altro profilo Facebook.

Credo di aver affrontato il tema dell’essere artista più volte su questo blog, ma di recente su Twitter ho avuto uno scambio di opinioni circa la domanda più specifica di cui in oggetto… Laddove per amatore si intende (secondo la Treccani) colui che “si diletta in qualche cosa”, chiamiamolo anche “appassionato”.

Io, ad esempio, sono sicuramente un amatore. Però nel logo in alto riporto la fatidica parolina “Art”; e sembra che il comportamento mio e/o di altri crei un certo tipo di disagio:

01

…se non addirittura l’accusa di esagerare:

02

“Occhio all’ego”, dunque. Il mio è eccessivamente sconfinato?

Ragioniamoci un po’ su.

Definizione di arte

Un qualche punto di partenza bisogna pur averlo, e quindi vediamo cosa dice la Treccani alla voce “Artista”:

Chi esercita una delle belle arti (spec. le arti figurative, o anche la musica e la poesia): gli a. del Rinascimento; gli a. della scuola romana. Come termine di classificazione professionale e dell’uso com., anche chi svolge attività nel campo dello spettacolo (teatro, cinema, ecc.): a. lirico; a. di varietà; gli a. della radio, della televisione; i camerini degli a.; ingresso riservato agli artisti. Il termine implica spesso un giudizio di valore ed è allora attribuito a chi nell’arte professata ha raggiunto l’eccellenza: è un vero a., un grande a., un a. di genio. (…)

(Il grassetto è mio, il corsivo no). Questa definizione traccia quindi tre profili che sono indipendenti. E già il primo (“chi esercita una delle belle arti”) basterebbe per rispondere affermativamente alla mia domanda.

Ma andiamo avanti.

Certificazione

La prima considerazione che vorrei fare, è questa: non esiste un “albo degli artisti” o una “certificazione d’artista”. Quindi nessuno può impedire a chiunque di definirsi artista.

Che poi le certificazioni sono spesso sopravvalutate, specie nel Belpaese. Avere la patente non implica necessariamente saper guidare!

Ma in questo caso, non esiste proprio un “ordine medioevale” stile Harry Potter al quale appellarsi, e poi chi è dentro è dentro e chi è fuori è fuori.

Status

Seconda considerazione: nemmeno lo status personale è sufficiente a definire l’artista. 

Che io lo faccia per soldi (perché a qualcuno piacciono le mie opere) o per diletto personale (perché non escono mai da casa mia), sto in ogni caso esercitando “una delle belle arti”, e sono quindi un artista.

Del resto, anche i “grandi” hanno cominciato come amatori. Forse che prima di guadagnare tanto, non potessero dirsi artisti? Il vil danaro non può essere un metro di giudizio. Anzi, molti artisti sono morti poveri in canna per poi diventare famosi dopo (ed arricchire gli ered, che artisti non erano).

Tecnica

Terza considerazione: troppo spesso (e specialmente in Italia) siamo portati ad avere un concetto “michelangiolesco” dell’arte. Come se fosse qualcosa di tecnicamente elevato, che richiede doti considerevoli, anni di pratica, lavoro “a bottega”, perizia estrema, e così via.

E’ un’illusione non solo sbagliata, ma anche pericolosa, perché limitante – come scrive giustamente Francesco Bonami:

Ma oggi nell’ambito dell’arte contemporanea, come anche del cinema, della pubblicità, della moda o dell’architettura, non è più così essenziale saper fare qualcosa. Esistono persone che di mestiere realizzano in modo egregio quello che gli altri pensano ma non sanno fare. L’importante è pensare, in ogni caso e possibilmente prima degli altri, la cosa giusta, al momento giusto. Le idee nuove sono più scomode di un golfino di Loro Piana, ma sono quelle che consentono a una società di non invecchiare, di non marcire. (Francesco Bonami, “Lo potevo anch’io!”)

Tanto per fare un esempio musicale, Leo Fender non sapeva neanche accordare una chitarra. Però aveva idee geniali, e persone in grado di realizzarle.

In campo fotografico, ammiriamo artisti che tecnicamente non sono certo dei draghi: Nan Goldin, ad esempio. Oppure Garry Winogrand, che disse d’essere passato dal 28mm al 35mm perché in questo modo riusciva a vedere meglio i provini a contatto (provate a sostenere questa tesi su un qualunque forum!, sarete sbranati vivi…).

E parlando di pittura, verrebbe da dire che sgocciolare tinta su una tela stesa in terra sia roba da bambini dell’asilo; ma farlo come Jackson Pollock, beh, è un’altra faccenda!

E quindi?

Dobbiamo però avere una soglia, un paletto: altrimenti non sapremmo distinguere un artista fotografo da una scimmia che gira con una DSLR e scatta a casaccio.

Non sapremmo dire se un orizzonte ubriaco sia arte. Se i dogmi vengono evasi in modo consapevole oppure no.

A mio modo di vedere, il paletto è rappresentato dall’idea.

A mio modo di vedere, l’artista è colui che ha un’idea (la quale può nascere da un disagio interiore, dall’esigenza di comunicare un concetto, dall’amore per il paesaggio, dalla volontà di fare denuncia sociale, eccetera) e si impegna per trasferire questa idea nella propria opera e comunicarla all’osservatore.

La fotografia dell’artista, insomma, è per me la fotografia delle idee.

Tutti possiamo avere delle idee! Possono piacere o non piacere, ma sono comunque idee consapevoli. Il difficile è trasferirle in fotografia.

E quindi la risposta alla domanda “Può un amatore essere un artista?” è, per me, “assolutamente sì”.

Giudicare un livello di consapevolezza unicamente sulla base di un profilo Facebook, mi pare azzardato.

Io sono un artista!

Sulla base di quanto sopra, sì, mi ritengo un’artista!

Nel senso che (lo ripeto) credo di avere un mio stile, di possedere delle idee (e di saperle motivare), e di perseguire il fine di coniugare il primo con le seconde – con finalità espressive.

Sono iscritto a qualche albo?, no.

Lo faccio per mestiere?, no.

Sono un drago di Photoshop?, no.

Diventerò famoso?, non ha importanza.

Est modus in rebus

Che poi qualcuno esageri nello sbandierare a destra ed a manca ciò che è (e su un social network spesso si cede alla tentazione) è un’altra faccenda che riguarda il “come” e non il “cosa”.

Può certamente dare fastidio, ma non cambia il nocciolo della questione. Non significa che bisogna stracciarsi le vesti per italico campanilismo o altro.

Perché agitarsi?, tanto sarà il mondo reale – e non quello dei social network – a dire la sua. Ad esempio una bella lettura portfolio. Sino ad allora, credo che il beneficio del dubbio lo si possa concedere a tutti.

Comments are closed.