Il bianco e nero digitale non fa per me

On 18/09/2014 by Nicola Focci
Capitol Reef, Utah, Agosto 2013

Capitol Reef, Utah, Agosto 2013 (stampa da pellicola 120 su carta baritata, acquisita con scanner ‘flatbed’

 

Qualche tempo fa sono andato in un negozio per prendere un flacone di rivelatore.

Il titolare, egli stesso un fotografo, mi ha subito risposto che aveva “poca roba”.

E poi mi fa:

Visto che lei fa bianco e nero: guardi qua!

E mi ha mostrato una stampa 30×40 raffigurante una modella in jeans e top ultracorto. Ripresa dal basso, in modo che le sue forme giovani e prorompenti sfidassero la legge di gravità.

Questa è fatta con una Nikon digitale modificata, rimuovendo il filtro! Guardi che bianchi, che neri, e che grigi…

Gli ho risposto che era sicuramente una bella foto, ma che il bianco e nero digitale non fa per me.

Lo trovo troppo asettico… con eccessivi “stacchi” tra un livello e l’altro: digitali, appunto. Inquietante per l’occhio e non appagante (qui mi ha fissato come se fossi piombato nel suo negozio direttamente da Giapeto).

Gli ho detto che poi, in questi casi, il mio occhio si aspetta sempre il tipo di “tessitura” dato dalla grana, che pure quella contribuisce al “calore”, anche se a volte è minuscola e quasi invisibile.

Eh, ma la grana poi gliela può mettere finché vuole! Grana, rumore, tutto quello che le pare…

Non ho ulteriormente replicato (avevo buon senso e mal di testa) però gli avrei fatto notare che non è la stessa cosa. Ma proprio per niente. Per quanto un filtro digitale possa replicare la grana, non sarà mai “uguale” alla grana analogica (figurarsi il rumore digitale!).

La vera grana, per esempio, nelle parti nere non c’è… e questa è una caratteristica della pellicola, legata al fatto che (ovviamente) una parte nera sulla stampa è trasparente sulla pellicola, quindi su quest’ultima non ci sono grani d’argento impressionati, e quindi non c’è grana.

Londra, Tate Modern, Settembre 2012 (pellicola 35mm acquisita con scanner Minolta Dimage)

Peraltro, sono fermamente convinto che il digitale non debba scimmiottare la pellicola, perché questa è una dimostrazione d’immaturità… analogamente a quando la pellicola scimmiottava la pittura! E quindi mi fanno un po’ specie questi tentativi di imitare la grana con filtri ad hoc (“Tri-X”, “Pan F”… e con quale rivelatore poi?, dato che pure quest’ultimo influenza il processo e non poco!).

Non si tratta però di sola grana, almeno per me!

Ribadisco la mia opinione: il bianco e nero digitale è freddo, asettico. E’ un giudizio d’insieme, sulla resa globale dell’immagine. Che può anche essere bella, per carità; però ha un che di – ripeto – inquietante e poco rassicurante.

Udine, verso il Castello, Marzo 2012 (immagine digitale: Fuji X10)

Ho cercato anche di “auto-analizzarmi” e capire come mai io abbia questa percezione!

Ho pensato al fatto che, infondo, mica sempre è così. Esistono suoni di natura artificiale, che però trovo “caldi”… come il rumore del treno che passa, per esempio.

E poi sono giunto alla conclusione che questi suoni “artificiali e piacevoli” si riconducono a ricordi, a immagini del passato o dei sogni. Scatenano insomma un’emozione. 

Laddove la fotografia deve soprattutto generare emozioni (grandi o piccole che siano), ecco per me il limite del bianco e nero digitale: posso trovarlo bello, però non mi emoziona.

Certo, la stampa chimica di una foto schifosa non è automaticamente emozionante solo perché chimica! 😀

Diciamo, però, che la stampa chimica ha un piccolo vantaggio dato dalla sua natura. Analogamente a quando appoggi un vinile sul piatto, fai calare la puntina, e senti il rumore tipico del disco… e allora c’è una sorta di “predisposizione dei sensi” che non saprei spiegare, però c’è.

5 Responses to “Il bianco e nero digitale non fa per me”

  • Articolo che condivido in tutto Nicola.
    Dopo una vera e propria abbuffata di digitale sono tornato con piacere all’analogico sviluppando e stampando chimicamente e, oltre a tornare a pensare in modo diverso anche allo scatto, trovo che le stampe abbiano un qualcosa che il digitale non darà mai.
    Come hai detto, giustamente, il digitale è asettico, non potevi trovare termine migliore, stacco delle tinte dal bianco al nero molto netto, poca plasticità e, aggiungo, una nitidezza degli scatti digitali quasi “fastdiosa”, almeno per me.
    Poi magari io, probabilmente, sono un retrogado romantico, ma maneggiare una fotocamera analogica, passeggiare e pensare con cura a ogni fotografia, mi appaga in un modo che il digitale non mi ha mai dato, per non parlare della vera emozione e soddisfazione nel procedimento di sviluppo e stampa, insomma un altro mondo e un altro modo di concepire la fotografia.
    Continua così, io continuo a seguirti.
    Un saluto
    Sergio

    • Sergio,
      grazie di cuore per l’intervento e per la stima!
      Molto interessante la tua considerazione sull’eccessivo (o comunque fastidioso) “sharpness” del bianco e nero digitale: sono d’accordissimo.
      Concordo anche decisamente sul fatto che la fotografia analogica consenta un’esperienza proprio diversa, nei modi e nei tempi, che permette di riscoprire la fotografia.
      E’ come quando si passa da una frenetica consultazione di pagine web, a un buon e sano libro… oppure, se vogliamo, da una doccia veloce a una bella sauna…
      Poi nessuno nega che, a volte, ci vogliono anche le docce veloci. Ma quando la fotografia è più una passione che un lavoro, beh, allora il viaggio diventa più importante della meta…

      • Ho incominciato a fotografare a 7 anni, e sono tornato a sviluppare a 53 anni.
        Il digitale e’ comodo e tecnicamente vicino alla perfezione, ma la yashica mat 6×6
        Con fp4 o tmax genera qualcosa di diverso, forse meno perfetto, ma senza dubbio più
        Naturale. E poi come ben detto ti costringe a pensare non a scattare a raffica.
        Sto seriamente pensando di comprarmi una eos 1v per poter riutilizzare le ottiche e vendere i corpi digitali.
        Bel sito complimenti
        Andrea

        • Grande Andrea!, approvo decisamente l’idea della EOS. La mia prima reflex fu la 650, ho ancora il mitico 50/1,8 prima serie…
          Grazie per il passaggio e per i complimenti! 😉

  • Leggo tardissimo purtroppo. Temo non leggerai mai questo commento, ma non resisto.
    Sono basito. Avrei potuto scrivere io quello che hai scritto tu. Non è un problema di confronto (ho anche una Fuji X Pro 1) ma di “diversità se non, come nel mio caso, di “imprinting”. Certo “vengo da lontano” con la fotografia e questo pesa. Il punto vero è che se chiudo gli occhi e penso a “photo-graphia” mi vengono in mente solo immagini (e autori) caratterizzate dalla “grana” la struttura materica delle foto. Il digitale può essere bellissimo, è comodissimo, ma è “altro”, lo scimmiottamento poi è patetico, infantile.
    Ma francamente anche il colore è molto diverso.
    Mi taccio perché diventerei prolisso. Concluso dolo dicendo che sono arrivato alla tua pagina cercando esperienze con la Leicaflex, appena presa. A questo punto si potrebbe aprire un’ulteriore discussione sul piacere tattile, e non solo, derivante dal maneggiare certi oggetti, ma è un’altra storia…