Studiare bene, studiare con eclettismo

On 29/09/2014 by Nicola Focci
S. Maria Assunta, Riola (BO), progettata da Alvar Aalto

Chiesa di S. Maria Assunta a Riola (BO), progettata da Alvar Aalto (fonte: puredesign.it)

Eclettismo: secondo la Treccani, è “nelle arti figurative, la tendenza a ispirarsi a fonti diverse, accogliendo da ciascuna gli elementi ritenuti migliori”.

Il termine m’è balzato all’occhio mentre leggevo la biografia di John Coltrane. In un passaggio, infatti, l’autore Lewis Porter (egli stesso musicista jazz) scrive:

Coltrane non ebbe mai un debole per le citazioni. Ma soprattutto creò un vocabolario di lick che in molti casi non erano riconducibili ai suoi predecessori. Uno dei modi grazie ai quali sviluppò questo universo sonoro unico fu incorporando nella sua musica – e, tramite la sua influenza, in tutto il jazz e oltre – un insieme eclettico di libri di metodo, esercizi e scale di tutto il mondo. L’eclettismo donava originalità al suo stile: più sono le fonti cui si attinge, meno se ne ricalca una in particolare. L’eclettismo, a mio parere, è una caratteristica della genialità.

Mi sembra interessante (il grassetto è mio), e perfettamente applicabile anche al nostro caso di fotografi.

Voglio dire che, nel nostro “studio” dei maestri e/o dei progetti interessanti (in questo blog ne ho esaminati alcuni), vale davvero la pena non fossilizzarsi su uno o due casi, ma esaminarne molti, insomma farsi una bella cultura che vada oltre il nostro “idolo”.

Ad esempio io posso apprezzare Mario Giacomelli e magari farne quasi un’ossessione: guardando e recuperando testi e libri fotografici del solo grande fotografo di Senigallia, leggendo le esegesi delle sue opere, cercando di capire come ha ottenuto determinati scatti… ma questa ossessione può portare il mio stile a ricalcare pari pari quello di Giacomelli!, il che sarebbe disastroso.

Basta guardare quanti “emuli di Luigi Ghirri” son spuntati come funghi, negli anni…

Ricordo un aneddoto che Luca Andreoni ci raccontò ad un Workshop. Conosceva un tizio che andò “a bottega” da Alvar Aalto, il grande architetto finlandese. Tornò che praticamente era un clone di Aalto: vestiva come lui, si muoveva come lui, teneva le matite sulla scrivania perfettamente temperate come lui…

L’emulazione diventa ustionante, perché poi è difficile spogliarsene, una volta che si è radicata nel nostro stile.

Certo, a volte è difficile aprire la propria mente. Perché determinati fotografi possono apparirci davvero indigesti – vuoi per i temi che trattano, vuoi per lo stile.

Io, ad esempio, non reggo proprio Terry Richardson! Ma riconosco che si tratta di una repulsione “di pelle”, e non troppo giustificata. Mi sforzerò di approfondirlo… perché credo valga comunque la pena verificare se non si trovi qualcosa di interessante anche lì, nei territori apparentemente più ostili.

Infondo, il nostro stile è un po’ come un mosaico che si compone di tante cose, e tra esse anche le influenze che assorbiamo per osmosi in modo spesso inconsapevole. Più sono, meglio è.

Evitando la preoccupazione di “inquinare” le nostre convinzioni pregresse (“Non amo la ritrattistica e la foto scandalistica, perché mai dovrei occuparmi di Terry Richardson?”), visto che senza mettersi in discussione non si cresce ma si rimane “al palo”.

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