Ugo Mulas: decisamente “un grande”

On 30/10/2014 by Nicola Focci

Milano 1953-54

I motivi per cui Ugo Mulas mi interessa e mi incuriosisce tantissimo, sono almeno tre.

L’autodidatta

In primis, il suo essere completamente autodidatta.

Mulas comincia a “fare il fotografo” quasi per caso, frequentando un ambiente artisticamente vivissimo (il famigerato bar Jamaica di Milano) dove qualcuno ad un certo punto gli mette in mano un apparecchio e gli da’ qualche consiglio generico su tempo e diaframma.

Le prime fotografie hanno già un notevole contenuto. Basta vedere quella qui sopra: il netturbino nel cerchio di luce, il lampione coperto dal volto, i bastoni bianchissimi dei suoi strumenti… è molto (ma molto) più di un documento.

Possiamo insomma dire che gli ingredienti del grande fotografo Mulas sono questi: la spinta dell’istinto, una consistente dose di coraggio, l’aiuto delle condizioni al contorno (comunque da lui stesse cercate), l’assorbire come una spugna, e naturalmente il saper vedere.

Milano, 1953-54

Dovrebbe essere d’insegnamento anche oggi, laddove si parla praticamente solo di teoria e di tecnicismo! Uno che come lui che dichiara candidamente:

Della Biennale del ’56 ho perso tutti i negativi, li lasciai troppo in acqua e si sciolsero.

…verrebbe sicuramente massacrato su ogni forum.

Il fotografo degli artisti

La seconda cosa che mi intriga tantissimo di Mulas, è l’interesse nel documentare gli artisti: non solo quelli che aveva conosciuto al Jamaica, ma anche i grandi maestri che esponevano alla Biennale di Venezia (la documentò in tutte le edizioni dal ’54 al ’72), nonché i “guru” americani come Andy Warhol e John Cage e Marcel Duchamp (che andò a ritrarre a casa loro, negli States).

Marcel Duchamp, New York, 1965

E’ abbastanza celeberrimo l’episodio del servizio fotografico all’amico Lucio Fontana mentre effettua i suoi famosi “Tagli”.

Pare che Fontana avesse qualche problema a farsi fotografare nel momento “topico” del taglio, anche perché non avveniva a comando, ma poteva essere meditato molto a lungo. (Tra l’altro, la produzione dell’opera è meno banale di quanto si possa pensare: Fontana sistemava dietro al taglio una garza nera, per dare l’impressione di profondità…)

Raggiunsero quindi un accordo, fotografo e fotografato, davanti ad una tela già tagliata:

Fontana ha messo la mano nel punto terminale del taglio e in una delle foto che ho fatto la mano di Fontana è mossa come se avesse proprio in quel momento completato la corsa: non si capisce che quella è una foto fatta apposta dove il taglio preesiste.

Lucio Fontana, Milano, 1964

Una scena costruita, ma estremamente realistica.

Il concettuale

Infine, e direi quasi obbligatoriamente, amo Ugo Mulas per “Le Verifiche”: il suo ultimo progetto, la fotografia che indaga su sé stessa, un approccio concettuale profondissimo che sicuramente ha beneficiato di tali e tante frequentazioni.

“Il sole, il diaframma, il tempo di posa” da “Le Verifiche” (1969-1972)

Mulas chiarisce che l’intento delle “Verifiche” è quello di retroagire in modo auto-riflessivo, cioè analizzare ciò che è stato operativamente fatto in precedenza ma in modo spontaneo e senza ragionare sulla pratica fotografica:

Che cosa è la superficie sensibile? Che cosa significa usare il teleobiettivo o un grandangolo? Perché un certo formato? Perché ingrandire? Che legame corre tra una foto e la sua didascalia? ecc. Sono i temi, in fondo, di ogni manuale di fotografia, ma visti dalla parte opposta, cioè da vent’anni di pratica, mentre i manuali sono fatti, e letti, di solito, per il debutto.

“Le Verifiche” sono divise in quattordici operazioni.

Qui ad esempio, nell’operazione numero 5, Mulas ingrandisce progressivamente il negativo:

“L’ingrandimento – il cielo per Ninì” da “Le verifiche” (1969-1972)

A quel punto il cielo scompare e si ha solo una superficie granulosa. L’elemento dominante sono i coaguli di sali d’argento, la grana, e ci si accorge che si potrebbe ottenere la stessa immagine fotografando un muro, cioè che l’immagine è reversibile, intercambiabile.

Lo trovo davvero intrigante: le fotografie, come gli oggetti materiali, sono composte da “mattoni primari”, visibili solamente a livello microscopico.

Anche le fotografie più diverse, così come gli oggetti più diversi (vivi o meno), discendono da un’unica e grande Madre. (Che si chiami grana oppure pixel, è la stessa cosa).

Perdita

Nel 1970, a 42 anni, Ugo Mulas scopre di essere gravemente malato.

Rallenta, ma non si ferma: infatti parte delle “Verifiche” è proprio realizzata in questi anni difficili. Pubblica libri, fotografa mostre.

Purtroppo, il 2 Marzo 1973, Mulas dovrà interrompere definitivamente tutte le sue attività terrene.

Nella cronologia fotografica sul sito ugomulas.org, l’ultima è questa: il capitolo finale delle “Verifiche”.

Fine delle verifiche, 1973

Una grande perdita.

Viene sempre da chiedersi, in questi casi, sin dove sarebbe potuto arrivare se la sua vita non si fosse interrotta a metà!

Fortunatamente, però, ci resta la sua opera.

Ed è tanta roba.


Photo credits per tutte le immagini: ugomulas.org


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