Cinque motivi (smentiti) per NON farsi la camera oscura

On 13/11/2014 by Nicola Focci

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La foto qui sopra ritrae metà della mia camera oscura (l’altra metà presenta un tavolo sul quale è appoggiato l’ingranditore, e la bacinella dello sviluppo visibile in basso a destra).

Allestire la mia BatCaverna per la stampa delle fotografie non è stato affatto difficile. L’impresa sembrava molto più ardua PRIMA di compierla… quando avevo tanti dubbi e perplessità, peraltro espressi qui.

Perché infondo le motivazioni per NON farsi la camera oscura sono quasi sempre le stesse; e non reggono!, se ci si ragiona un po’ sopra. 

Vediamole.

1. “E’ troppo complicato”

Stampare richiede un poco di fatica all’inizio, ma poi tutto fila via liscio, e va sempre meglio con la pratica. Un po’ come accade per ogni attività fai-da-te. E ve  lo dice uno che non è capace di fare un foro dritto col trapano!

Appresi i primi rudimenti da un libro o un amico o un corso, si è quasi subito autonomi ed in grado di progredire rapidamente.

Non è fisica quantistica: in definitiva si tratta di regolare solo tre parametri: tempo di esposizione, diaframma (quasi sempre fisso), contrasto. Non è molto diverso dallo scatto sul campo (tempo, diaframma, sensibilità).

2 . “Non ho l’ambiente necessario”

Oh, mica c’è bisogno di una sala da biliardo! 

Esiste una ed una sola condizione necessaria alla camera oscura: che sia, appunto, oscura. Cioè a prova di luce.

La dimensione conta relativamente: è sufficiente che ci stia l’ingranditore e un paio di bacinelle. In tanti si fanno bastare uno sgabuzzino; che anzi, va benissimo proprio perché è buio.

Non importa nemmeno avere acqua corrente. Le stampe da lavare si possono mettere tutte insieme in un catino, e poi lavarle a fine sessione.

E la temperatura? Non deve forse essere “controllata”? Vivaddio, nel caso del bianco e nero è sufficiente tenere i prodotti chimici intorno a 20°C. “Intorno” significa che 23 va bene, e va bene anche 17. Non è certo una cosa complicata. Si parla tra l’altro dei chimici, non dell’ambiente: un tappeto riscaldante per terrario, ad esempio, funziona abbastanza bene anche negli ambienti freddi.

3. “Ci vuole troppo tempo”

Che la camera oscura richieda tempo, è un fatto incontrovertibile. Ho calcolato che per fare una stampa su carta baritata, dall’esposizione al lavaggio, impiego circa 25 minuti… al netto del provino, e di eventuali mascherature/bruciature.

Ma il tempo si trova tranquillamente, semplicemente organizzandosi.

Ecco alcuni “trucchi” che uso io, considerando che è bene non usare i chimici oltre le 24 ore:

  • Predispongo una seduta di stampa il Venerdì quando torno a casa dal lavoro, e la proseguo Sabato mattina.
  • Le stampe su carta politenata richiedono molto meno tempo (poco più di cinque minuti) e quindi quando l’orologio è tiranno, faccio quelle: provini a contatto, prove di stampa per nuovi negativi, prove di stampa per vecchi negativi…
  • Preparo tutto nel tardo pomeriggio di Sabato, e Domenica mattina mi alzo prima per stampare (subito e senza dover predisporre nulla che non sia il negativo nell’ingranditore).

Teniamo presente che il digitale non richiede poi molto meno tempo. Ci vuole tempo per scremare gli scatti, che saranno sicuramente molti. Ci vuole tempo per calibrare la catena PC-monitor-stampante. Ci vuole tempo per la post-produzione. L’unica cosa che richiede (relativamente) poco tempo, è la stampa vera e propria… che però arriva dopo un insieme di operazioni piuttosto brigose.

4. “E’ troppo costoso”

Posto che reperire chimici e carta nell’era di internet è una banalità (cito un sito a caso, giusto perché è quello che uso io: http://www.fotomatica.it), sul blog pensando.it c’è un articolo in cui viene fatto “il conto della serva” sui costi dell’analogico: € 1,03 per una stampa 24×30 su carta baritata di qualità. Mi pare pienamente sostenibile.

Poi sicuramente ci sono i costi una tantum di allestimento: l’ingranditore (tra 100 e 200 euro), e pochi articoli plastici (bacinelle, pinzette…).

Troppo?

L’alternativa è farlo in digitale… ovvero dotarsi di attrezzatura sicuramente molto costosa:

  • Un personal computer (decente e con monitor decente): diciamo € 1000 per stare stretti.
  • Un dispositivo di calibrazione: diciamo 100 €.
  • Una stampante di qualità fotografica professionale (non la ink-jet da ufficio): diciamo € 700.
  • Carta fotografica professionale (non quella da ipermercato): non meno di €1,5 a foglio.

…tutta roba che, peraltro, è soggetta ad obsolescenza in breve periodo.

5. “Faccio un torto alla famiglia”

E’ una motivazione potente, e vale la pena spenderci un po’ più di parole. Per questo l’ho tenuta come ultima.

Il concetto è questo: siccome stare in camera oscura richiede tempo e denaro, questo tempo e denaro finirei per non poterlo più dedicare a compagno/a, figli, genitori, parenti, e chi più ne ha più ne metta.

Julia Cameron, nel suo bel libro “La vita dell’artista”, etichetta questo pensiero in un modo molto chiaro: “La trappola della virtù”.

Un giovane padre, con un serio interesse per la fotografia, desidera un luogo, in casa sua, da adibire a camera oscura. Ma la spesa interferisce con i budget familiare e comporterebbe la rinuncia all’acquisto di un divano. La camera oscura viene così messa da parte e il divano nuovo troneggia in salotto.

Boicottare noi stessi per essere “gentili” e “virtuosi”: questa è, in sintesi, la trappola della virtù.

Perché trappola? Perché una bilancia ha sempre due piatti: c’è il guadagno concreto da una parte, e la “rinuncia artistica” dall’altra. Da che parte pende la bilancia?

Che ci crediate o no, il punto è questo: le persone che hanno un’attitudine artistica, commettono un grande errore a lasciarla fuori dalla loro vita.

Non saranno mai felici e qualcosa non “tornerà” mai.

Il motivo è semplice: per soddisfare altri, dobbiamo anzi tutto soddisfare noi stessi. Un obiettivo che non si raggiunge certo dicendo sempre e solo “sì” agli altri; perché in questo modo costruiamo un falso Io che vive la vita di qualcun altro.

Uccidere i nostri sogni, insomma, è un atto irresponsabile che presto o tardi ci porterà all’insoddisfazione ed alla paralisi. E non sarà solamente un problema circoscritto alla nostra persona: quante volte vi è capitato di pagare personalmente un prezzo alto, ma di ribaltarne poi le conseguenze su chi vi sta vicino?

Pensateci!

E magari parlatene anche in famiglia: non dobbiamo dare per scontato che gli altri approvino la nostra auto-castrazione!

Insomma, non esistono scuse!

E se volete qualche altro consiglio, ne trovate sul mio libro “Manuale del bianco e nero analogico”. 😉

6 Responses to “Cinque motivi (smentiti) per NON farsi la camera oscura”

  • Complimenti, gran bell’articolo!

    Aggiungerei un nuovo item … non so da dove partire! beh, in tal caso c’è il portale http://www.analogica.it (da me creato) nel quale potrai trovare risposta ad ogni tua domanda/dubbio 🙂

    Ciao e viva il lato oscuro della fotografia
    Etrusco

    • Ottima “dritta”, Etrusco!
      Grazie del passaggio, e dell’apprezzamento! 😉

  • Come sempre, un piacere leggerti.

    Condivido tutto, anche se faccio un po’ (molta….) fatica con il punto 5. Con un figlio di due anni e mezzo basta poco per azzerare il tempo a disposizione. il tempo per la Camera Oscura lo ritaglio di notte nel fine settimana. Tra denti che spuntano, mal di gola, lune storte, basta poco per vedere invaso anche quel momento che si aspetta tutta la settimana.

    comunque ho trovato usato “la vita dell’artista” e l’ho ordinato 😉 spero che sia fonte di motivazione!

    • Di sicuro non deve essere facile, Stefano…
      Io non ho figli quindi posso anche non conoscere le difficoltà; però la storia della fotografia è piena di maestri che ne hanno avuti, e in qualche modo l’avranno gestita! 😉
      Grazie per il tuo seguirmi sempre con attenzione (e costrutto). E… sono certo che il libro della Cameron ti piacerà!

      • Il tempo è una questione complessa che tocca tutti, chi più chi meno. Ci sono tanti fattori (lavorativi, personali, “logistici” come lo spazio per la CO) che impattano. Un figlio va a incidere molto sulla situazione. Chi ha margini e, soprattutto, è ben organizzato, vedrà ridotto il tempo da dedicare alle sue passioni, ma non in modo significativo. Chi già fa fatica a trovare il tempo, con un figlio tutto diventa ancora più complicato.

        Comunque il blog sta prendendo forma e ho già un po’ di contenuti. Il tempo avrà un suo spazio 😉

        • Il tempo tocca in effetti tutti, perché le giornate sono di 24 ore per tutti: su questo non ci piove.
          E’ logico che, per le proprie passioni, bisogna anche fare delle rinunce. Io suonavo la chitarra elettrica da molto tempo, anche con risultati discreti (questo è il demo video della Incognito tribute band dove “militavo”!); però ho dovuto appenderla al chiodo perché il tempo non mi sarebbe bastato per perseguire entrambe le passioni (musica e fotografia) con la medesima efficacia. Nel mio piccolo, insomma, qualche “taglio chirurgico” ho dovuto farlo anche io.
          Detto questo, e come giustamente puntualizzi tu, è una questione di organizzazione. Ma l’importante è che le questioni “teoricamente logistiche” non diventino pretesti per non fare il passo. 😉
          Aspetto il link al tuo blog! E già da ora ti chiedo se hai voglia di scrivere un articolo per il mio (a buon rendere si capisce!): ne sarei molto contento.