La fotografia più interessante è quella meno probabile

On 12/01/2015 by Nicola Focci

Mi sono costretto a contraddire me stesso, onde evitare di conformarmi col mio stesso gusto.

(Marcel Duchamp)

Tra le cose che più mi intrigano dello scrivere di fotografia, c’è il coniugare gli ambiti scientifici con quelli artistici. Un po’ come quando scrissi del Principio di Pareto, oppure confrontai l’occhio umano con la fotocamera, o ancora parlai di ottiche zoom e principio di Heisenberg

E’ una sorta di mio “pallino”! E mi ripeterò in questo articolo… sperando di non annoiare troppo i miei tre lettori – se avranno la pazienza di seguirmi.

La distribuzione normale

Comincio da un concetto matematico apparentemente ostico, ma in effetti non troppo: la “gaussiana” o “curva di distribuzione normale”.

La curva di distribuzione normale (fonte: doctordisruption.com)

La curva di distribuzione normale (fonte: doctordisruption.com)

Per capire come si legge la curva, basta condurre un semplice esperimento: misurare l’altezza in un campione di persone.

Si riportano i valori di altezze sull’asse X (1.65 metri, 1.67, e così via) e il numero di rilievi sull’asse Y. Più è alto il numero di persone con quella data statura X, maggiore sarà il suo valore sull’asse Y.

Unendo i punti, si ottiene quella curva a campana… che ha un picco in corrispondenza di un valore medio.

Per restare nell’ambito del nostro esperimento, tale valore medio in Italia corrisponde a 1.75 m negli uomini tra 35 e 44 anni, e va poi a scendere man mano che cresce l’età del campione.

La curva di distribuzione normale ha una precisa caratteristica: presuppone che il 95% dei valori (vedi figura) ricada in un intervallo pari a due volte la deviazione standard (σ) al di sopra ed al di sotto della media. Detto in parole povere:

Nella distribuzione normale, i valori estremi sono assai poco probabili.

Questo approccio è molto importante nel mondo dell’industria. Un processo di produzione si dice essere “sotto controllo statistico” se su di esso agiscono solo cause conosciute di non conformità; ecco allora che la distribuzione dei pezzi prodotti segue la curva normale, e il 95% di essi sarà conforme alle specifiche. (Ho semplificato all’osso un argomento molto vasto, ma la “ciccia” è questa).

Ma che ci azzecca la fotografia?

La distribuzione normale ha un problema: è del tutto inadeguata ad interpretare “fatti umani”.

Infatti, essa porta a sottostimare gli estremi, e sovrastimare la media.

Tornando alla statistica sulle altezze, sarebbe come dire: se hai tra 35 e 44 anni e non sei alto 1 metro e 75 centimetri, non sei normale; più ti allontani da questa media, e più sei anormale. Si tratta, ovviamente, di una logica aberrante. Gli estremi, quando c’è di mezzo l’uomo, sono importantissimi e imprescindibili… come abbiamo visto parlando del “cigno nero” in ambito artistico.

Siccome però l’argomento è la fotografia, quindi verrebbe da chiedersi dove stia il parallelismo.

Beh: basta dare un’occhiata ai tag più usati su Flickr:

Flickr

Non dispongo del conteggio numerico per questi tag, ma sono pronto a scommettere che la distribuzione somigli alla nostra campana… centrata sui termini dal font più grande. Sono i tag più utilizzati e quindi più probabili.

Ed ora ecco la fatidica domanda:

Quanto possono essere interessati le fotografie etichettate con “instagramapp“, “wedding“, “canon“, “nikon“?

Magari lo sono, eh! Ma trovo più probabile pensare che foto più accattivanti si possano reperire nei tag molto meno frequenti (cioè nelle “code” della nostra distribuzione normale): “dance“, “old“, “yellow“…

Massificazione

Ho utilizzato la statistica sui tag per esemplificare, ma non ce ne sarebbe bisogno: è sufficiente sfogliare le gallerie on-line più famose per capire quali effetti abbia avuto la “massificazione digitale” sulla fotografia. Effetti che – per tornare all’incipit – somigliano molto alle caratteristiche della distribuzione normale, e che sono essenzialmente due:

  • Il mediocre viene “ufficialmente” incoraggiato (il picco della nostra gaussiana): l’eccentrico, il sensazionale, l’iper-grandangolare, l’HDR spinto, i tramonti marziani, le acque setose, i cloni di idee di maestri del passato …
  • L’interessante (la visione semplice, innovativa, brillante, comunicativa) sprofonda nella palude generata dal predetto mediocre (le code della nostra gaussiana).

Il risultato globale, è che la qualità esce sconfitta dalla quantità.

Mi rendo conto di quanto possano sembrare snobistiche queste mie affermazioni… ma sono confortato dalla matematica! 😉

Meglio la coda

Una volta che si è consapevoli di tutto ciò, bisogna poi decidere da che parte stare (e si parla sempre del web).

Se siamo ammaliati dalle sirene dei “mi piace” e delle stelline, cercheremo un posto al sole sul picco della gaussiana.

Ma nessuno ci obbliga a farlo.

Possiamo tranquillamente decidere di starcene sulla coda… perché l’arte non è mai stata e né mai sarà per le masse. Come disse Picasso, “Non conta ciò che l’artista fa, ma bensì ciò che egli è”. Le nostre fotografie valgono in proporzione alle idee che ne sono le fondamenta e all’amore che ci mettiamo dentro… e non agli applausi che ricevono.

Se questo significa essere “fotografi fuori dalla media”, beh…

…non mi sembra poi così negativo! 😀

5 Responses to “La fotografia più interessante è quella meno probabile”

  • Avendo una mente “matematica”, avevo fatto una riflessione simile.
    La mia riflessione partiva dall’osservazione del numero di presenze alle mostre di fotografia qua a Milano. Steve Mc Curry e Salgado, per fare degli esempi, hanno letteralmente sbancato il banco. Altre mostre, come quella di Izis, Doisneau, Mulas o Koudelka non hanno avuto le stesse presenze.

    Sicuramente impattano fattori come il luogo della mostra, la pubblicità fatta ecc… però mi sono fatto l’idea che un certo tipo di fotografia, più “media”, più diretta e semplice, riscontra maggiore successo di pubblico.

    Sono stato tentato di pensare che questa foto “media” non abbia lo stesso spessore di quella più impegnata…. forse in parte è vero, un certo tipo di fotografia più da “intenditori” è sicuramente più stimolante, ma non mi sentirei di dire che Salgado, o McCurry o Leibovitz sono meno interessanti.

    • Interessante la tua estensione del concetto alle mostre milanesi!, anche se io mi sono limitato al web perché il terreno del “reale” è alquanto minato. Di certo io, per quelli che sono i miei gusti, non andrei mai a vedere Salgado o McCurry… mentre invece sono andato a vedere Weston e Moriyama. Però credo che la tua conclusione sia del tutto condivisibile. Sono comunque fotografi di indiscutibile spessore, ma certo alcuni sono più “piacioni” di altri e questo attira il pubblico.
      C’è poi da dire che in alcuni casi si può apprezzare una mostra (ed avere la necessaria motivazione ad andarci) se conosci un po’ l’artista e il suo background (il famoso contesto!). E non tutti hanno modo/voglia di farlo.
      Ad esempio Mulas – che purtroppo non ho mai visto dal vivo e spero di rimediare presto – di sicuro assume un altro spessore, conoscendo l’atmosfera “giamaicana” (nel senso del bar e non del paese… 🙂 ) che si respirava all’epoca e nella quale lui era completamente immerso.

  • da due anni mi sono innamorato del foro stenopeico (non ridete…), credetemi, mai così lontani da “stelline” e “mi piace”, eppure sono davvero soddisfatto, un piccolo mondo a parte…

    • Ci credo! 😉 Per quel poco che ne so, mi pare il contrario della “frenesia digitale”… E tutto ciò che porta a riscoprire la lentezza (intesa come “ruminare” e metabolizzare la fotografia) secondo me è comunque meritevole.
      Tra l’altro, e se non vado errando, i tempi lunghissimi non sono proprio amici del digitale: batterie che finiscono, sensori che si scaldano… questo per confutare quel concetto secondo cui il digitale può soppiantare l’analogico in tutto. Diciamo in molto, ma non in tutto!
      Ho visto il tuo sito e il tuo Flickr: molto interessanti! Se decido di buttarmi in questo ambito, ti chiederò di sicuro un consiglio! 😉

      • Difficile che possa darti dei consigli da quello che vedo e leggo sul tuo sito però sei gentile, non ne so molto di fotografia ma con la costruzione di piccole camere a foro stenopeico si imparano molte cose anche se spesso si va per tentativi e molti rullini buttati. 🙂