Migliorare la nostra fotografia per sottrazione

On 02/02/2015 by Nicola Focci
La distruzione di Hiroshima (fonte: boston.com)

La distruzione di Hiroshima (fonte: boston.com)

Un obiettivo senza un metodo, è una cosa insensata.
(W. E. Deming)

All’indomani della seconda guerra mondiale, il Giappone era un cumulo di macerie.

Passano circa trent’anni, ed eccoli diventare una potenza industriale di primo piano. Ricordo il primo impianto stereo “serio” che mio padre acquistò negli anni ’70: un “sintoampli” Sony privo di grandi fronzoli, ma massiccio e fatto strabene, tanto che funziona perfettamente anche oggi.

Come hanno fatto? Il Giappone non dispone di enormi risorse (persero la guerra anche perché gli americani tagliarono le vie di rifornimento della nafta), quindi la risposta deve trovarsi più facilmente nei metodi che non nei mezzi.

Ebbene, hanno impiegato una strategia molto semplice ma anche efficace: anziché concentrarsi a “fare per migliorare”, si sono impegnati a “fare per non peggiorare”. Anziché arricchire il prodotto con l’aggiunta di materiali o caratteristiche, ne hanno fabbricato uno praticamente privo di difetti.

L’attenzione verso la qualità del prodotto finito è stata ottenuta attraverso una serie di strumenti statistici (come le carte di controllo o i Diagrammi di Pareto) e di provvedimenti organizzativi (l’applicazione di azioni correttive documentate, l’attenzione al cliente, la responsabilizzazione degli operatori…). In questo modo, le aziende giapponesi hanno anche capito che ridurre gli errori significava contestualmente ridurre i costi ed essere più efficienti.

Questa strategia, alla lunga, pagava molto di più che non spremersi le meningi per ideare prodotti più grandi, migliori, o più costosi. Un prodotto a “difetti zero” fidelizzava il consumatore; ed acquisirne di nuovi era (ed è) molto più oneroso che mantenere quelli che si hanno.

Se oggi vanno tanto di moda termini come “qualità totale”, “lean manifacturing“, “kaizen“, lo dobbiamo a Toyota ed alle aziende giapponesi che per prime hanno praticato queste politiche. (Bisognerebbe poi aprire una parentesi sul ruolo che, in tutto ciò, ebbero i “guru” americani mandati in Giappone subito dopo la guerra – come W. E. Deming… ma questa è un’altra storia).

E in fotografia?

Io credo che si possa applicare il medesimo principio anche alla nostra passione fotografica, con analogo successo.

In fotografia, “cercare di migliorare aggiungendo” significa:

  • Acquistare attrezzatura;
  • Ampliare il numero di soggetti fotografati;
  • Riempire l’inquadratura di elementi, colori, distrazioni;
  • Fare largo uso di post-produzione…

“Cercare di migliorare per sottrazione” invece significa:

  • Pensare di più mentre si scatta;
  • Concentrarsi su una nicchia;
  • Adoperare uno stile semplice e d’impatto;
  • Non disperdersi tra mille ottiche e mille pratiche di post-produzione…
Non ci vuole molto per capire che “cercare di migliorare aggiungendo” finisce per non migliorare proprio nulla!

Oltre tutto, “migliorare per sottrazione” è molto più pratico del “migliorare aggiungendo”… per il semplice motivo che è più facile da implementare. Pensiamo alla dieta: se proprio non amo la verdura cruda, quantomeno posso cominciare con lo smettere di mangiare cibi grassi e industriali. Il mio fisico ne beneficerà comunque!

“Less is better” (“meno è meglio”) non rappresenta insomma la classica frase fatta mutuata da qualche strana filosofia zen; è invece un consiglio molto pratico!

Certo, non si tratta di un approccio intuitivo. Siamo attratti dall’eccellenza: i campioni dello sport, i grandi scrittori, gli attori più bravi… e ovviamente i grandi maestri della fotografia. Quando ci confrontiamo con questi ultimi, è sempre con il loro lavoro migliore, e non pensiamo mai ad un “impegno di sottrazione” che sicuramente ha lavorato dietro. Anche loro sono passati per le forche caudine del “migliorare per sottrazione”.

Un consiglio

E noi? Nel nostro piccolo, come possiamo procedere?

Facendo un bell’esame di coscienza della nostra operatività fotografica. 

Prendiamo cinque fogli di carta, e in cima a ciascuno riportiamo i famosi cinque elementi della tradizione industriale giapponese:

CinqueElement_fotoi

Poi scriviamo in ogni foglio il dettaglio della situazione attuale:

  • Nel foglio del “cosa“, può essere la lista della nostra attrezzatura;
  • In quello del “come“, un diagramma di flusso del nostro operare, anche a livello di post-produzione;
  • Nel foglio del “perché“, quali soggetti e quali obiettivi mi sono imposto;
  • In quello del “dove“, il luogo di scatto e anche di fruizione delle mie fotografie;
  • Nell’ultimo foglio, il “chi“, le eventuali persone che sono coinvolte in tutto questo.

Cerchiamo di essere i più esaustivi e precisi possibile. E poi studiamo a fondo il tutto.

Incrociamo i vari elementi… chiedendoci ad esempio se il “cosa” è coerente col “perché”.

E soprattutto cerchiamo quegli elementi che non danno un valore aggiunto ma anzi rischiano di “appesantire”, di portarci all’errore, di allungare il fatidico brodo.

Se il famigerato Ciofegon 18-1000 f/2.8 non ci azzecca nulla col “perché” ma rischia solo di regalarci molti scatti superflui, sbarazziamocene. Se ho a disposizione tre modelle delle quali una è tanto bella quanto inaffidabile, facciamone a meno. Se espongo le foto solo su Internet ma la mia fase di lavoro prevede un’elaborazione a elevato numero di DPI, tralasciamola. E così via.

Non pensiamo a come migliorare aggiungendo roba; pensiamo a come migliorare togliendo roba!

Il bello di questo metodo, è che per applicarlo non c’è bisogno di leggere chissà quale libro o imparare chissà quale tecnica. Lo possiamo fare anche subito, ora, su un comune pezzo di carta.

Cosa aspettate? 😉

 


(Fonte della seconda immagine: Wikimedia Commons, scritte mie!)

2 Responses to “Migliorare la nostra fotografia per sottrazione”

  • Sono pienamente d’accordo con te 😉

    Mi capita spesso di vedere persone con una super attrezzatura, che ti guardano con quell’aria da “ehi hai visto? Mica scherzo io” e poi li vedi posare la fotocamera su un muretto per scattarsi una foto oppure scattano a tutta raffica senza averne un’idea.

    Mi piace capire e approfondire prima di aggiungere roba.

    Ottima riflessione, bravo Nicola 😉

    • 😀
      I famosi “sherpa dell’attrezzatura”… quasi sempre sproporzionatissima…
      Grazie mille Francesco!