Le scarpette di Usain Bolt

On 28/09/2015 by Nicola Focci

Usain Bolt al Golden Gala 2011 (Wikipedia)

Non è la colla che fa il collage.
(Marcel Duchamp)

Usain Bolt, soprannominato “fulmine”, è il famoso velocista giamaicano detentore del primato mondiale sui 100 e 200 metri piani.

Nel 2009, durante le Olimpiadi di Berlino, stabilì il primo record con una media di 2 metri e 44 centimetri per ogni passo!

Via le scarpe

Facciamo un’ipotesi bizzarra: immaginiamo di togliere le scarpette da corsa al forte giamaicano, costringendolo a correre sul tartan a piedi nudi.

Non è poi così inusuale, correre senza scarpe. Lo fece l’etiope Abebe Bikila nel 1960 a Roma, anche se in altra specialità (la maratona). Tutti lo prendevano in giro, ma vinse la medaglia d’oro… E smisero di canzonarlo.

Abebe Bikila, Roma 1960 (Wikipedia)

Abebe Bikila, Roma 1960 (Wikipedia)

L’uomo si adatta

Come se la caverebbe, da scalzo, il nostro velocista dei 2,4 metri a falcata?

Beh, non farebbe di certo 9”58 sui 100 metri come a Berlino.

Ma sono convinto che, pian piano, saprebbe adattarsi. Il suo stile di corsa, che è personale, riuscirebbe a modellarsi sulla nuova situazione contingente.

Stile che, ovviamente, nasce da un insieme di fattori: la costituzione fisica, l’allenamento, la predisposizione mentale… tutti appunto legati a Bolt come persona, e in grado di emergere, adattandosi.

Credo che l’adattabilità sia una caratteristica fondamentale dell’essere umano. Un po’ come capita a noi quando – per un qualsivoglia motivo – siamo menomati ad un arto e dobbiamo cavarcela con quelli che funzionano: ci vuole tempo e fatica, ma in qualche modo “ci saltiamo fuori” e l’handicap iniziale si riduce sensibilmente.

Vetustà

Sono pressoché certo che Bolt sarebbe velocissimo anche se portasse delle scarpette di vecchia concezione, anni 1970 o 1980, senza suole elastiche o tomaie ipertecnologiche o chissà cos’altro.

E’ lo stesso discorso: anche in questo caso, gli ci vorrebbe un po’ di tempo per adattarsi alle nuove calzature; ma in definitiva il suo stile emergerebbe comunque, e sarebbe molto più veloce di tanti atleti affermati con scarpette ipermoderne.

Chiara la metafora?

Penso proprio di sì:

Lo strumento è – in definitiva – nient’altro che quanto la parola stessa sottintende.

Se possediamo uno stile e una personalità artistica, essa prescinde dal mezzo che impieghiamo per esprimerla.

E viene sempre fuori… Anche se richiede tempo, allenamento, confidenza col mezzo.

Un bravo fotografo – e con questo termine mi riferisco a una persona che ha delle idee e le sa comunicare visivamente con uno stile personale e riconoscibile – rimane tale anche se passa dall’analogico al digitale, oppure fa l’inverso, o usa le Polaroid, o il foro stenopeico, o il “bianchino”, o il “plasticotto”, o…

A questa considerazione ovvia ma non banale, se ne aggiunge un’altra, di importanza forse maggiore: nessuno strumento è in grado di compensare la mancanza di quella base, e cioè l’assenza di idee e/o del saper comunicare fotograficamente con uno stile personale e riconoscibile.

La tecnologia non sarà mai in grado di riempire lo spazio che è tra le nostre orecchie. Mai!

Sarebbe un po’ come se io rubassi le costose scarpette a Usain Bolt: ne verrebbe fuori una versione leggermente più accellerata del bradipo!

Bradypus (Wikipedia): velocità massima 0,24 Km/h!

Considerazione sui mezzi

Lo so… lo so: quando si elabora questo tipo di discorsi (che appartengono alla serie “gear does not matter”), si finisce sempre per dare l’impressione che il mezzo non conti un fico. Che il “manico” emerga anche se giro con una scatola di cartone bucata.

Ovviamente – ed occorre ribadirlo anche se ne abbiamo già parlato su questi schermila verità sta nel mezzo: se è vero che il mezzo non è indispensabile, resta la sua importanza ai fini del risultato.

Questa considerazione ci può aiutare quando veniamo presi dalla scimmia dell’acquisto. Capita a tutti: chi è senza GAS scagli la prima pietra!

Prima di farci “acchiappare” da una nuova attrezzatura, conviene chiedere a noi stessi se essa sia davvero in grado di fornire un valore aggiunto alla luce del nostro stile (dando per scontato che lo si abbia, il che proprio scontato non è, ma questo è un altro film!).

Che cosa mi piace fotografare? (Attenzione: non “cosa penso mi piaccia fotografare”, ma “cosa finisco per fotografare più spesso”! C’è una notevole differenza… E per conoscerla bisogna scattare, scattare, scattare – non basta il talento).

Qual’è il mio stile?

Quali le sue caratteristiche?

Usain Bolt è probabilmente obbligato ad usare quella determinata tipologia e marca di scarpette per motivi pubblicitari; ma noi non abbiamo alcun obbligo. Se optiamo per lo “strumento sbagliato”, corriamo il rischio di peggiorare le cose, cioè farci distrarre e farci deviare.

Periodicamente, per esempio, io vengo preso dalla scimmia del grande formato.

Mi affascinano i movimenti di queste meravigliose view cameras, la dimensione di quei negativi-lenzuolo, l’ulteriore rallentamento e “masticazione” del processo di scatto…

Subito dopo, però, mi domando se questo investimento in termini di tempo e denaro (entrambi rilevanti) finirebbe per darmi un reale valore aggiunto. E concludo che no, non credo riuscirei ad ottenerlo. 

Non oggi e non adesso, perlomeno… perché la mia fotografia risente ancora molto dello scatto istintivo e non eccessivamente meditato… e lo stile è un po’ metaforico, non troppo legato ad una replicazione del reale. Magari sbaglio, ma ho la sensazione che il grande formato sia un po’ in contrasto con tutto questo… e non penso mi darebbe un valore aggiunto.

Non oggi, perlomeno.

Un domani, poi, chissà: panta rei.

2 Responses to “Le scarpette di Usain Bolt”

  • Le scarpe a me fanno sempre venire in mente qualcosa di comodo. La macchina fotografica dovrebbe essere come un paio di scarpe comode, che quando le indossi ti dimentichi di averle e pensi solo a camminare.

    La fotocamera giusta dovrebbe essere quella che si utilizza con maggiore naturalezza.
    Come le scarpe nuove devono prendere la forma del piede, così bisogna entrare in sintonia con una nuova fotocamera.

    Anch’io devo stare attento alla G.A.S. e la mia migliore difesa è pensare che ogni nuova fotocamera richiede un periodo di affiatamento (che quando il tempo è poco….).
    Si compra una nuova fotocamera per avere prestazioni migliori, ma (almeno all’inizio) saranno peggiori!

    Sul grande formato… lo ammetto, ci sono caduto. Hai un totale controllo su tutti i parametri, anche se l’altra faccia della medaglia è la complessità. Che dire, fotografare diventa veramente un esercizio zen (soprattutto per non imprecare a ogni errore che si fa le prime volte…).

    Faresti lo stesso cose eccelse. Non credo ti limiterebbe la creatività , ma non è una macchina che ti porti in ferie o semplicemente a zonzo…. potresti usarla per ripetere scatti fatti in fase esplorativa (lo sto facendo per un mio progetto), ma come membro dell’associazione fotodipendenti anonimi, mi sento di sconsigliarti il grande passo 😉

    • Condivido decisamente la metafora delle scarpe! (E mi viene in mente il famoso aforisma di Koudelka…)
      L’idea di usare il grande formato per una “replica” degli scatti “esplorativi”, è molto interessante! Chissà… certo, il tempo è sempre un tiranno e credo che l’una cosa (il GF appunto) andrebbe a deprimere l’altra (il MF).
      Però consulto spesso le offerte di view cameras usate: la famigerata GAS è sempre dietro l’angolo… e, nel caso, so già a chi rivolgermi per avere delle dritte! 😉