L’inarrivabile età dello sviluppo (pellicole)

On 07/09/2015 by Nicola Focci
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Alcuni (!) dei miei rocchetti 120 sviluppati. Da qualche tempo li conservo con la loro carta protettiva.

Ho sempre e fortemente sostenuto che i processi di camera oscura non sono affatto difficili o alla portata dei soli patiti del fai-da-te.

Di fatto, esposizione delle pellicole, sviluppo delle stesse e stampa dei negativi sono assolutamente alla portata anche dei meno “smanettoni”.

Ciononostante, lo sviluppo delle pellicole è – dei tre processi – quello che meno gradisco, e mi lascia sempre un po’ di… ansia no, sarebbe esagerato; ma diciamo preoccupazione.

Quindi non voglio nascondere nulla al povero neofita che capita casualmente su questa pagina (“povero” per questo): lo sviluppo è una fase delicata e anche un po’ noiosa – ancorché indispensabile.

No pain, no gain.

Ma che stress, però!

E sì che di pellicole ne ho sviluppate parecchie. Da un paio di anni conservo i rocchetti delle 120, e ne ho raccolte un bel po’: vedi foto di inizio articolo. Eppure…

Adesso vi racconto quali sono le mie personalissime criticità.

1. Un colpo solo

Primo momento di preoccupazione: la consapevolezza che hai una sola possibilità.

Il rischio di sbagliare qualcosa è assai remoto, se si fa tutto a modo; però tant’è: se qualcosa va storto, il rullino lo butti. Anche se hai fatto tredici ore di volo per impressionarlo.

In questo senso, il digitale è più sicuro perché puoi sempre fare un backup dei files RAW prima di svilupparli col PC. Bisogna dare a Cesare quello che è di Cesare – sebbene anche il backup abbia le sue criticità.

2. Impuntamenti

Secondo momento di preoccupazione: infilare la pellicola nella spirale.

A volte fila via liscia; a volte s’impunta… e regolarmente succede quando è caldo, o il postino suona al campanello, o tua moglie è rimasta a piedi con la macchina.

Anche qui, la pratica aiuta a minimizzare i rischi: dopo un po’, conosci le pellicole… e sai ad esempio che la Delta 400 si arriccia come un’ossessa, mentre la HP5 fila via quasi sempre liscia (parlo sempre del formato 120).

L’importante è procedere senza fretta. “Presto e bene non vanno insieme”: la fretta è un demone da evitare come la peste. Anche nei casi più intricati, si può spesso risolvere tutto con calma olimpica.

Sta di fatto che quando finisco “l’arrotolamento” e chiudo la tank, sono ben felice.

3. Stendi i panni

Terzo ed ultimo momento di preoccupazione: stendere la pellicola bagnata.

Io ne fisso l’estremità libera allo “stendino”, e poi la srotolo dalla spirale spostandola in senso verticale verso il basso; ma temo sempre che si sganci, o si appiccichi al muro, o il postino faccia irruzione nella mia Batcaverna sollevando quintali di polvere.

Insomma, un paio di respiri trattenuti ci sono.

Yes, pain!

Però devo dire che tutto questo viene ripagato quando hai il tuo negativo asciutto tra le mani, la tua creatura con tutte le sue belle zone dense e meno dense…

…e allora lo tratti coi guanti bianchi di cotone, lo tagli con cura, lo infili amorevolmente nel suo foglio di pergamino…

…e pensi che sì, infondo ne valeva davvero la pena!

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