Fotografi ‘social’ o dinosauri?

On 12/10/2015 by Nicola Focci
T-Rex (fonte: Wikimedia Commons)

T-Rex (fonte: Wikimedia Commons)

Anche se il titolo farebbe supporre un ennesimo capitolo della diatriba tra digitale ed analogico, dico subito che no, non si tratta di questo.

Si tratta in realtà di una domanda che mi pongo da qualche tempo e giro ai miei quattro lettori (se avranno voglia di intervenire nei commenti):

E’ possibile, oggi, ottenere visibilità come fotografi senza appoggiarsi ai social newtork?

Continuo a chiedermelo, perché con essi ho un pessimo rapporto nel senso che spesso li trovo frustranti e ne farei volentieri a meno.

Anche se ci sono dentro fino al collo.

Il mio status quo

Quelli che uso maggiormente, sono il sempiterno Facebook, e Twitter: il primo per scopi puramente personali (amici, conoscenti); il secondo più come come utile scambio di informazioni (infatti ho una marea di contatti sconosciuti e di lingua anglofona).

Ultimamente ho messo il naso in Instagram, che trovo interessante, anche se mi sembra poco impiegato dalla mia fascia d’età.

Altra scoperta relativamente recente è Medium, che però parrebbe ben più improntato al blogging.

Filckr l’ho usato molto in passato, ma negli ultimi tempi lo sto decisamente trascurando, e comunque lo considero più un archivio che altro.

Infine, ho presenze molto sporadiche su Pinterest e Tumblr, non sufficienti per poter dire di usarli seriamente e con continuità.

O dentro o fuori

Per tornare alla domanda iniziale: parrebbe proprio di no. Che, cioè, dei social non si possa proprio fare a meno.

E’ quello che dicono i dati, con un numero di utenti in crescita continua: dal 2010 ad oggi, è praticamente raddoppiato, e parliamo di bilioni di persone!

Lo dicono anche i cosiddetti influencers, anche quelli che stimo e di cui ho divorato libri come Austin Kleon o Seth Godin: sempre più artisti condividono il loro lavoro su Tumblr o Instagram, raccontano i loro progressi su Twitter, coltivano contatti su Facebook…

Tenersi fuori da questo mondo, insomma, significa isolarsi in una nicchia che si restringe ogni giorno di più, e dove è sempre più difficile avere visibilità (cioè l’opportunità di comunicare la propria arte a più persone possibili).

Si rischia di fare la fine dei dinosauri, appunto.

Il tritacarne

Mi direte: ma tu che hai contro ‘sti benedetti social network??

Semplicemente questo: ritengo siano un tritacarne dove passa tutto ed il contrario di tutto. Somigliano alla stazione durante gli orari di punta, avete presente? C’è un tale frastuono di fondo, che per farsi sentire bisogna urlare. Se sei abituato a farlo, tutto bene; altrimenti…

Istruzioni per… l’urlo

Ho immaginato di aprire una ‘pagina di artista’ su Facebook diversa da quella personale (che uso con gli amici ed i conoscenti).

Cosa dovrei fare, per farmi notare?

Non credo sarebbe sufficiente pubblicare delle ‘belle’ fotografie. Forse lo sarebbe se vendessi un prodotto commerciale! Ma se volessi esplorare un ambito più ‘artistico’, dovrei fare i conti col fatto che un social vive di interazioni. Se quello che faccio non acchiappa l’attenzione, il mio profilo finirà per essere il luogo privilegiato dai serial killer per nascondere i cadaveri: in breve, un deserto.

E allora? Come posso attirare l’attenzione?

Ad esempio, potrei lanciarmi su qualche tema ‘sconvolgente’. Tipo il classico progetto del dolore: raccontare la storia di un malato grave, di un anziano non autosufficiente, di un immigrato che ha perso la famiglia… cose così. Quello che la gente non vuole vedere nella vita reale, è ben contenta di condividerlo in quella virtuale… e i ‘Mi piace’ si sprecherebbero, ne sono certo. Se poi millanto una conoscenza enciclopedica sull’argomento, tanto meglio.

Oppure, potrei intraprendere un qualche tipo di crociata (quella che gli influencer chiamano ‘una missione’) ad esempio a favore dell’analogico. Anziché limitarmi a dire che lo uso e mi piace, potrei ‘intrufolarmi’ nelle foto altrui e/o in altri gruppi e lanciare provocazioni; millantando anche qui, a piene mani. Mi ci vedete?, piombo come un falco nella discussione tra digitalisti APS/C e full frame, metto il blocco maiuscole, e urlo: «IO USO SENSORI DI 6×6 CENTIMETRI E LI CAMBIO AD OGNI SCATTO!, SCIOCCHI!!».

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Anche qui, credo raccoglierei carrettate di ‘Mi piace’ – se me la gioco bene.

E allora forse – tra ‘Mi piace’ e ‘Condividi’ – finirei per acquisire una certa notorietà.

Potrei anche inventarmi docente, aprire i miei workshop, e campare di fotografia.

Sempre millantando a piene mani, è chiaro.

Questione di carattere

Ma c’è un grosso ‘però’: io mica ce l’ho, il carattere per queste cose qua.

Tanto per dirne una, la mia atavica insicurezza mi mette quasi sempre al riparo dalla millanteria: se scrivo qualcosa, è perché ne sono sicuro al 99,9% e/o so dove reperire le fonti.

Se non la so, evito di sostenerla: punto.

Crociate? Ma io l’analogico lo pratico per passione, non ne farei mai una missione! Ne ho scritto (e ne scrivo) soprattutto per demolirne i falsi miti ed evidenziarne i pregi, ma non ho certo la pretesa di affermare che sia il meglio possibile. Credo, invece, di aver ribadito spesso che un mezzo è appunto un mezzo; come le scarpette di Usain Bolt.

Quanto ai soggetti in situazione di disagio – ed i relativi progettoni strappabudella – non li condanno in via principio, ma mi mettono in difficoltà, e non fanno per me. Bisogna amare ciò che si fotografa: se non c’è feeling, l’otturatore per me rimane chiuso.

Insomma, credo che il concetto sia chiaro:

I social network sono luoghi dove si corre il serio rischio di snaturarsi per riuscire ad emergere.

Questo vale in particolar modo per chi, come me, ha un carattere mite e preferisce il quieto vivere alla rissa: un moderato, insomma.

C’è vita per i moderati?

Ecco, appunto. Direi che la domanda iniziale – per me e quelli come me – si potrebbe riformulare in:

Ammesso e non concesso che starne fuori non sia possibile, si può emergere sui social come artista avendo un comportamento da moderati?

Per ‘comportamento da moderati’ io intendo quello che di solito non si manifesta quando ti puoi nascondere dietro ad una tastiera. Potrei fare settordicimila esempi, ma non credo ce ne sia il bisogno.

Ebbene, io penso di no, cioè che non sia possibile.

Sempre più spesso, infatti, vedo condivisioni a pioggia che interessano ‘artisti’ in grado di emergere grazie a spregiudicatezza, cinismo, polemica, faccia tosta, pelo-sullo-stomaco, millanteria, e chi più ne ha più ne metta.

Altro che moderazione! 🙁

Esistono eccezioni illustri, come quella di Gianni Morandi, che di recente è salito alla ribalta per aver risposto in modo estremamente pacato agli attacchi più feroci. Ma Morandi è già famoso! Lui non aveva nemmeno bisogno di Facebook… quindi non credo che questo esempio faccia testo. E non escludo che fosse una tattica ‘furba’ anche quella.

Risposta non c’è, o forse chi lo sa…

Cosa dunque dovrei fare io – e quelli come me – coi social network?

Continuare a ridurli ad una dimensione puramente personale, o ‘usarli’ in modo serio per cercare visibilità con la fotografia – costi quello che costi?

In tutta onestà, non lo so.

Ci sto ancora pensando!

Se avessi una risposta pronta, probabilmente non sarei qui a scriverne, ma farei docenza in un workshop da bravo influencer! 😀

3 Responses to “Fotografi ‘social’ o dinosauri?”

  • Se usare i social media è quasi obbligatorio, bisogna anche dire che usarli bene non è affatto facile.

    I social media sono diventati la nuova frontiera della comunicazione e del marketing. Un mondo che si sta evolvendo e stanno nascendo delle nuove professionalità (i social media manager).

    Non sono un esperto e non saprei darti consigli precisi, ma penso che per promuoversi attraverso i social network sia importante raccontare una storia che accompagna le immagini. Essere presenti in modo regolare e generare empatia con i “follower”.

    Un esempio da studiare penso sia quello di Alberto Bregani https://www.facebook.com/albertobregani.photographer

    Alberto sa fotografare e conosce a fondo la montagna che fotografa. Usa la pellicola, ma senza fare “crociate”. Racconta con passione il suo rapporto con la montagna, i suo progetti e la sua crescita fotografica. C’è da dire che, prima di darsi alla fotografia a tempo pieno, si è occupato per anni di marketing, comunicazione e social media. Insomma, un professionista che ha usato le sue competenze per una nuova avventura.

    • Grazie del link!
      Da quello che ho visto, Bregani è “favorito” dal fatto che ha una nicchia ben precisa cui rivolgesi, e quindi una riconoscibilità immediata – grazie ai tipi di soggetti.
      Ovviamente è una diretta conseguenza della sua passione, e non una mossa studiata a tavolino; però tant’è.
      Non è però detto che tutti si abbia questa “etichetta” ben appiccicata in fronte. Io, per esempio, non ce l’ho. Nella fotografia sono un po’ come a tavola (!), cioè ho ben presente quelle due o tre cose che proprio NON mi piacciono, ma per il resto non ho preferenze, e lascio decidere il palato e l’umore del momento. I mio dubbio è che i social network non siano strumenti sufficientemente “affinati” per garantire visibilità a chi cerca di fare discorsi un po’ sopra la media, e con questo non intendo parlare di meccanica quantistica, però magari puntare più al “come” che al “cosa”, allo stile, ad un determinato sentimento (che può essere scatenato da qualunque cosa, se c’è la luce giusta e l’inquadratura giusta).
      Del resto, e come ho scritto, io ho un rapporto molto conflittuale coi social… e questo, evidentemente a 360 gradi! 😉

      • è vero. Però la fotografia di montagna è anche un’area molto inflazionata. Dove è difficile emergere con una poetica distintiva e in qualche modo originale.

        Io credo che nel magma dei social network, se si ha qualcosa da dire e quel qualcosa ha uno spessore, gli “intenditori” ci sono. D’altronde, per farsi conoscere, da qualche parte bisogna iniziare…. Io per esempio, ho scoperto il tuo blog su un forum… non so se altrimenti ti avrei conosciuto

        Comunque, anch’io sono un po’ freddo verso questo mondo…e in fin dei conti, se uno non ha finalità “commerciali”, non è strettamente necessario per coltivare la nostra passione 😉