“Prendi una stampa, trattala male…”

On 26/07/2016 by Nicola Focci

StampaTRattataMale

“Bello ‘sto viraggio! Ma come hai fatto a renderlo non omogeneo?”

E’ che non si tratta di un viraggio! Sono gli effetti devastanti di un pessimo trattamento della stampa baritata.

Fortunatamente si trattava di un “provone“, cioè una stampa di prova a grandezza completa che avevo trattato (fissato e lavato) in modo sommario. L’avevo però conservata nella cartellina del progetto, dove tengo anche la “Scheda Sviluppo Pellicola” e tutti gli appunti/provini. A distanza di un solo anno, è piena di disastrose macchie gialle!

I sacri testi (Ghedina) forniscono le spiegazioni di queste ed altre alterazioni, riconducendole comunque alla trascuratezza nel trattamento finale della stampa baritata. Gli effetti sono ahimé estremamente subdoli perché:

  1. Compaiono a distanza di tempo (anche anni);
  2. Sono progressivi e devastanti.

Quindi è inutile spendere tempo e sudore per fare mascherature/bruciature perfette, se poi il foglio esposto viene trattato in modo inaccurato, e la stampa dopo un anno è da buttare! (E… no: non ditemi “ma a me basta che resista solo il tempo di scansionarla e condividerla su feisbùc”, perché potrei diventare verde e stracciare i vestiti!)

La mia procedura

So che qualcuno storcerà il naso; ma, come ho avuto modo di scrivere in passato, io ho un’elevata considerazione dei bugiardini. Preferisco passare il mio tempo a fare fotografie, anziché sperimentare alternative a quanto suggerito dai fabbricanti; e poi sono convinto che questi ultimi ne sappiano quanto (se non più) dei vari “soloni” che popolano i forum tecnici.

Quindi, per la stampa definitiva mi attengo scrupolosamente alle prescrizioni del famigerato foglietto (“Optimum permanence sequence” a pag. 4).

Accertandomi che la temperatura dell’acqua ricada nel range 18-24°C, procedo quindi così:

  1. Fissaggio: 1 minuto in Ilford Rapid Fixer 1+4, con agitazione intermittente. Non un secondo di più, non uno di meno.
  2. Primo risciacquo: 5 minuti in acqua corrente. Lo faccio in una bacinella collocata dentro ad un secchiaio. Sul fondo della bacinella ho praticato due piccoli fori, così lascio cadere un filo d’acqua dal rubinetto senza che essa debordi dalla bacinella. Tengo la stampa sotto il pelo dell’acqua usando due leggere pinze in plastica, appoggiate sulla parte non esposta della stampa.
  3. Passaggio in aiuto al lavaggio, Ilford Washaid 1+4: 10 minuti, con agitazione intermittente.
  4. Secondo risciacquo: 5 minuti in acqua corrente, come da fase (2).

Ho stampe di 3 o 4 anni che, così trattate, sono perfette.

Tempi di lavaggio irrealistici?

Ovviamente, 3 o 4 anni sono niente… se speriamo che le nostre fotografie ci sopravvivano.

E quindi sorgono i dubbi del caso: 20 minuti di lavaggio solamente? Sembrano davvero pochini. Nonno Ansel, nel suo “La Stampa”, dice di lavare per un’ora!!

C’è da fidarsi?

Io spero di sì!, ossia – ripeto – darei per scontato che Ilford sappia quello che fa.

Questione di risorse

Ciononostante, le procedure vanno migliorate anche in efficienza e non solo in efficacia.

Significa che devono sì raggiungere il risultato finale, ma anche col minimo spreco di risorse. E la mia procedura, sotto questo aspetto, presenta due limiti:

  1. Posso lavare solo una stampa per volta. Non mi fido, a metterne più di una nella bacinella dell’acqua; ma, in questo modo, spreco un sacco di tempo.
  2. L’idea di “smazzarmi” un prodotto chimico in più (Washaid) non mi ha mai esaltato. E’ un costo in più da sostenere, una diluizione in più da fare, uno smaltimento in più di cui occuparsi…

Entrambi i problemi, si potrebbero risolvere con una “lavatrice” ossia vasca di lavaggio “professionale”: quei recipienti verticali dotati di divisori per le stampe, un ingresso dell’acqua, e un’uscita.

Molto belli, ma anche molto costosi.

Il turacciolo di Feininger

Esiste sempre l’autocostruzione, ovviamente: anziché acquistare un costoso prodotto industriale, lo si fa da sé. Alzi la mano chi non ha mai pensato di fabbricare la propria sviluppatrice!

Su un manuale di Andreas Feininger, “Tecnica della camera oscura”, ho trovato questa geniale pinza per lavaggio fatta con sughero (“pinze di turacciolo”) che lui usa con una vasca verticale altrettanto semplice:

PinzeTuracciolo

La vasca si presenta così (anche se, in questa foto tratta dal citato manuale, non mi pare di vedere il divisorio):

VascaLavaggio

Ecco quindi come si potrebbe procedere.

  • Si compra un recipiente economico (tipo questo di Ikea).
  • Si pratica un foro in alto, e quello sarà l’uscita dell’acqua.
  • Si inserisce un divisorio vicino a quest’ultimo foro, quasi a ridosso dello stesso, ma aperto sul fondo – in modo che l’acqua circoli forzatamente dal basso verso l’alto.
  • Si riempie la vasca col rubinetto.
  • Le stampe da lavare, si mettono dentro – verticali – strette a metà del bordo con la “pinza di turacciolo” che le tiene ferme ed a galla.
  • Poi, si apre il rubinetto e si fa circolare l’acqua per… quanto? Beh: almeno un’ora, sempre secondo i dettami di nonno Ansel (e anche del bugiardino Rapid Fixer).

In questo modo, di sicuro, si lavano più stampe contemporaneamente e si evita il Washaid.

Confesso di non averci (ancora) provato, ma… l’idea mi attizza.

Limitare lo spreco

A voler essere più realisti del re, un difettuccio ce l’ha anche questa soluzione: lo spreco di acqua.

Non so come la pensiate voi, ma personalmente detesto l’idea di tenere un rubinetto aperto per un’ora!

A questo proposito, sempre nonno Ansel (nel già citato “La Stampa”) suggerisce che il lavaggio si possa fare anche con un ricambio di acqua anziché una circolazione di acqua.

Ossia, riempire e poi svuotare la vasca ripetutamente… mantenendo quel tempo di “immersione” di sessanta minuti.

Il lavaggio quindi si potrebbe fare così:

  1. Riempire la vasca,
  2. Agitarla per 5 minuti,
  3. Svuotarla,
  4. Ripetere questa procedura per 12 volte.

5 x 12 = 60 minuti.

Bisogna vedere però se questo sistema consenta davvero di sprecare meno acqua. Ad occhio, penso di sì… anche se una vasca per stampe 24×30 o più grandi, può arrivare a contenere parecchi litri.

Inoltre, tale vasca dovrebbe avere un sistema di “agitazione” efficiente e non manuale… perché mi immagino che sia meno agevole che non con una ben più leggera bacinella.

Idee?

Avete qualche idea/suggerimento?

I commenti sono a disposizione! 😉

3 Responses to ““Prendi una stampa, trattala male…””

  • questa è una questione molto sentita 😉

    Io uso quasi sempre un fissaggio neutro (tipo il rollei RXN) e così il washaid può essere omesso.
    Sciacquo velocemente le stampe e le metto in una bacinella. A fine sessione le lavo per almeno 20/25 minuti con un filo di acqua corrente. Per ora non ho mai avuto problemi (in generale, l’unico problema l’ho avuto con un fissaggio fatto male…cosa molto più rischiosa di un cattivo lavaggio)

    Per il lavaggio, se ho poche stampe, uso una bacinella da bucato… sennò mi sono fatto una lavatrice in plexiglas, seguendo un progetto trovato in rete e facendo tagliare al laser i pezzi (in modo da evitare tagli imprecisi e sbavati). Mi pare avessi speso, circa 100 euro di materiale… ma ha inciso molto il taglio laser, che comunque consiglio, perchè ti semplifica molto la vita.

    • Grazie della “testimonianza”, Stefano!
      Ma… nella bacinella da bucato, come fai ad essere sicuro che le stampe non si attacchino le une alle altre?
      100 euro per una lavatrice potrebbero valerne la pena, in effetti!

      • la bacinella da bucato la uso solo per poche stampe e quindi hanno abbondante spazio. Per l’acqua immergo la doccetta nella bacinella, in modo da creare un po’ di turbolenza.

        Francamente non ho mai notato che si attaccassero. Ma se sono più stampe o stampe un po’ più grandi, per sicurezza, vado di lavatrice.

        Realizzare la lavatrice, con i pezzi già tagliati (che combaciano perfettamente) e la colla giusta non è stato difficile. Ma va fatto con grande attenzione… perchè l’acqua esercita una certa pressione… e c’è il rischio di avere perdite o rotture (a lavoro completato ho dovuto sistemare qualche perdita)