Scegliere il formato della pellicola: qualità o praticità?

On 22/10/2017 by Nicola Focci

L’epopea della fotografia analogica – che ritengo tutt’altro che superata – ci ha regalato due formati di pellicola ancora ben commercializzati ed ampiamente disponibili: il “piccolo formato” o 135 (largo 35mm) e il “medio formato” o 120 (largo 610mm). [In questo articolo tralascio il “grande formato” perché sinceramente non ne ho esperienza… per ora!]

L’enorme disponibilità sul mercato dell’usato di fotocamere per entrambi i formati, lascia davvero l’imbarazzo della scelta.

Il 135 (che in ambito digitale è un “full frame” e quindi qualcosa di particolarmente “grande”) è decisamente più piccolo del 120. Siccome le dimensioni contano, la pellicola 120 garantisce una definizione migliore, toni grigi dalla suddivisione più accurata, una grana meno evidente, e un ingrandimento in stampa meno spinto.

Questo è un fatto incontrovertibile.

Ma ritengo che non sia l’unico da prendersi in considerazione quando si deve decidere quale formato di pellicola utilizzare.

La qualità infatti è anche (se non soprattutto) “adeguatezza all’uso”, come abbiamo già scritto su queste pagine. Non è quindi detto che che una definizione migliore faccia la differenza, relativamente al contesto in cui dobbiamo utilizzare quella pellicola.

Rettangolo o quadrato?

Con la pellicola 135 si scattano essenzialmente fotografie rettangolari, mentre col 120 sia rettangolari (6×4.5, 6×7, 6×9) sia quadrate (6×6).

E quella tra rettangolo e quadrato è già una discriminante di un certo peso.

Il formato quadrato, ad esempio, è particolarmente adatto per progetti maggiormente concettuali, per via della sua staticità e rigorosità. Non a caso è usato dai maggiori maestri di questo genere, quali ad esempio Mimmo Jodice oppure Diane Arbus.

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Da “Il principio di indeterminazione”, 2013

Il formato rettangolare è maggiormente dinamico, per certi versi più flessibile (se non altro perché esiste la differenziazione tra verticale e orizzontale) e quindi adatto a progetti maggiormente “descrittivi”. Anche in questo caso, i maestri fanno scuola: vedi Daido Moriyama. Oppure Garry Winogrand, per mantenersi in un ambito di street photography.

Valencia, Plaza del Ayuntamiento, 2012

Valencia, Plaza del Ayuntamiento, 2012

Come sempre, quindi, è il “cosa” che determina il “come”. Quale progetto abbiamo in mente? Cosa richiede? In quel contesto, quale formato funzionerebbe meglio? (Al fine di comunicare in modo più efficace ciò che vorremmo trasmettere).

Aspetti operativi

Il formato della pellicola influenza anche l’operatività, che tra 135 e 120 risulta essere piuttosto diversa. Ci sono pro e contro (o se vogliamo scomodità e comodità) in entrambe le soluzioni.

Qualcuno potrebbe pensare che sia assurdo subordinare la qualità dell’immagine alla comodità, ma… non dimentichiamoci che si parla sempre di uno strumento, e deve essere fungibile per poter risultare efficace. Se Robert Capa avesse avuto un banco ottico ad Omaha Beach, forse non sarebbe tornato vivo – né lui, né le sue iconiche fotografie.

In fase di scatto

In fase di scatto, il 135 ha l’ovvio vantaggio di un maggiore numero di immagini per rullino: disporre di 36 “cartucce da sparare” anziché 15 o 12 o meno, può fare la differenza.

Gli apparecchi del piccolo formato, poi, sono più piccoli e leggeri.

Per contro, il medio formato era perlopiù considerato terreno di caccia per i professionisti, e quindi gli apparecchi erano quasi sempre di elevata qualità ed affidabilità. Per chiarire, sarei portato sempre a scommettere sul perfetto funzionamento di una Rolleiflex.

Nello sviluppo

Lo sviluppo delle pellicole è a mio parere più agevole col piccolo formato. Se non altro perché i rullini 135 sono molto più facili da infilare nella spirale, dato che lo si può fare alla luce, svolgendo pochi centimetri dal caricatore e inserendoli nella scanalatura della spirale stessa. Col 120 non ci sono santi: bisogna operare al buio, con una procedura più articolata. La pratica aiuta a diventare veloci, ma… mai come coi “cugini piccoli”.

Il 135 è anche più economico nell’impiego dei chimici: la quantità necessaria per un solo rullino 120, è quasi sufficiente per due rullini del formato piccolo.

Il 120 si prende una piccola rivincita quando viene messo ad appendere ed asciugare, perché è molto più corto: col 135 sarà meglio avere almeno 150 cm di altezza prima di cominciare a svolgerlo dalla spirale, sennò son dolori quando poi si arriva al pavimento e il negativo ancora non è finito!

In stampa

Sotto all’ingranditore, il 120 è in grado di dare grandi soddisfazioni.

A cominciare dai provini a contatto, che sono decisamente più comodi e agevoli da valutare che non per il formato piccolo. Non è un vantaggio trascurabile, a mio parere.

Gli ingrandimenti, poi, non danno alcun problema – stante le maggiori dimensioni del supporto: la grana non diventa così “invasiva” come col piccolo formato.

L’unica fregatura del 120 è che – se si usa ad esempio una Hasselblad o una biottica – l’immagine viene proiettata sul piano dell’ingranditore ruotata di 90 gradi, dato che la pellicola nella fotocamera “viaggia” in modo verticale e non orizzontale. Ma ciò non rappresenta per me un grande problema.

Concludendo

Quando ci interroghiamo sul formato da impiegare, dobbiamo ragionare su parametri soggettivi e non oggettivi. E meditare bene sullo strumento da utilizzare.

Non è la fotocamera (o la pellicola) a fare il fotografo, e questo lo sappiamo; ma optare per uno strumento non idoneo, rischia di essere un boomerang che potrebbe compromettere la riuscita del nostro progetto.

2 Responses to “Scegliere il formato della pellicola: qualità o praticità?”

  • Da quando stampo (ormai un anno) non ho più dubbi: 120. Danno soddisfazione,come hai giustamente fatto notare, già dai provini a contatto. Inoltre le immagini mi sembrano più “ariose”, plastiche. La comodità del 35 mm però è assolutamente innegabile (anche se una F4s pesa come e più di alcune MF) ed io personalmente ho trovato la quadra con la Pentax 6×7: utilizzo reflex canonico ( ho preferito la Rolleiflex alla Hasselblad nell’uso pratico ma il pozzetto non fa per me), comodità (anche se con ottica 105 e impugnatura in legno siamo a quasi 3 kg…) e tanta qualità. La adoro!

    PS: finalmente ti sei “sbloccato”? Mi stavo preoccupando 😉

    • Hahaha!, grande Stefano! 😉
      La Pentax 67 mi manca, ma deve dare davvero grandi soddisfazioni. Al prossimo attacco di GAS, chissà…