Garry Winogrand: il primo fotografo digitale

On 03/02/2021 by Nicola Focci

La natura del processo fotografico gira intorno al fallimento

(Garry Winogrand)

Ritengo sempre opportuno tornare sui passi dei cosiddetti “grandi maestri”.

Che sia attraverso un libro o una trasmissione televisiva o un blog, esiste sempre qualcosa da imparare: è una sorta di auto-formazione che non dovrebbe terminare mai, a prescindere dal fatto che si fotografi per mestiere o per passione.

L’altro giorno ho visto un documentario su Sky Arte dedicato a Garry Winogrand.

L’aspetto interessante di queste trasmissioni bibiografiche, è che ripercorrono l’intera vita dell’artista (in questo caso morto a soli 56 anni) e quindi la parabola ed i vari momenti della sua produzione; nonché molti aspetti della vita personale. Perché non dimentichiamoci che l’artista è, prima di tutto, un essere umano – come lo siamo noi.

E son tante le cose che, di Winogrand uomo e fotografo, mi hanno colpito.

Ad esempio, , la forte connessione che lui aveva con altri grandi personaggi (e amici) del tempo: Lee Friedlander, Joel Meyerowitz, e John Szarkowski (direttore del MoMA all’epoca)… Ritengo che l’artista necessiti di questo, ossia dello scambio continuo e dell’opninione di persone delle quali si può fidare. Difficile crescere, se ci si rinchiude nel proprio eremo.

Scorrendo le foto di Winogrand – e parlando di tecnica – sorprende l’uso assai frequente dell’orizzonte “storto”.

(fonte: moma.org)

Un errore grave!!, secondo i sacri canoni della fotografia. Eppure, qui è estremamente funzionale (direi quasi indispensabile) per rendere lo scatto dinamico, quasi affannato – come il mondo che del resto lui descrive. E’ l’ulteriore dimostrazione (se mai ce ne fosse il bisogno) che l’artista non ha regole; o meglio, le “piega” alla sua volontà di comunicare.

Nel documentario, si definisce Winogrand “il primo fotografo digitale”; e questo benché sia deceduto nel 1984, ossia ben prima che tale tecnologia fosse accessibile. Il motivo, è legato ad un fatto ben noto: Winogrand scattava in modo frenetico, ossessivo, e compulsivo. E’ famoso l’aneddoto dei 6000 rullini lasciati alla sua morte: 2500 esposti ma non sviluppati, e 4500 sviluppati ma non visionati. Ne scattava più di 600 l’anno: un ritmo impressionante, anche per chi lo fa come mestiere. Questo concetto di “voracità fotografica” (funzionale al messaggio da trasmettere, e non fine a sé stessa) è intrigante… benché lui stesso fosse tutt’altro che un ottimista, come dimostra la citazione di inizio articolo.

Ed in effetti non mancarono gli inciamponi: capitano a tutti!, anche agli artisti più abili ed affermati. Il suo fu, probabilmente, “Women are beautiful”: il progetto che, in copertina, riporta la famosa (e bellissima) fotografia della donna con il cono gelato.

(fonte: moma.org)

Quando uscì nel 1975, “Women are beautiful” fu massacrato di critiche… perché considerato un lavoro maschilista: troppi ammiccamenti, troppi capezzoli in vista, troppe pose sensuali. E invece il titolo era sincero. Perchè credo che Winogrand si possa tacciare di tutto, fuorché di cinismo: la sua fotografia non è spietata (come quella di Diane Arbus ad esempio), ma sincera e trasparente. What you see, is what you get. Anzi: what you see on the photograph, is what you get. Probabilmente, “Women are beautiful” era il libro giusto nel momento sbagliato.

Non sapevo, tra l’altro, che fosse sua l’iconica foto della Monroe con la gonna alzata per lo sbuffo d’aria dalla grata!

Meno interessante è, almeno per me, l’enfasi che spesso si pone sulla sua strumentazione: la Leica M4, il grandangolare spinto, eccetera. Attrezzature finalizzate alla sua poetica, e null’altro a parte questo. Come diceva Duchamp: non è la colla a fare il collage.

In definitiva, sì: vale davvero la pena (sempre!) ritagliarsi un po’ di tempo per la vita dei grandi maestri. Se potete, fatelo il prima possibile; scegliendo, magari, proprio un personaggio molto diverso da quello che siete e che fotografate… qualcuno che abbia esplorato terre a voi sconosciute o quasi, eventualmente anche non gradite.  Le riflessioni, di sicuro, non mancheranno.

2 Responses to “Garry Winogrand: il primo fotografo digitale”

  • Io ho conosciuto Joseph Koudelka. 1985 la stampa era stata invitata ad assistere e documentare una delle ultime Mattanze nell’isola di Favignana. Eravamo un bel gruppo di video reporter e fotoreporter di tutto il mondo. Aveva due malandate yashica delle quali una con un vistoso nastro adesivo che la teneva insieme. Ci vedevamo tutti ogni mattina alle 5 sul molo e trascorse così una settimana per via del fatto che la “camera della morte” non era abbastanza piena di pesci, così si attendeva e si rimandava al giorno dopo. Al primo incontro timidamente e con tanta emozione gli dissi che ero fiero di conoscerlo e che avrei conservato con cura quel ricordo. Si schernì dicendomi che era un fotografo qualunque, per nulla più bravo di tanti altri. Ricordo però che per le riunioni operative o per imbarcarci dovevamo cercarlo perché spariva spesso e non si sapeva dove fosse. Per fotografare bisogna fare tanta strada a piedi diceva. Un grande insomma.

    • Bellissimo ricordo!! Grazie per averlo condiviso! Tanto insegnamento in poche parole: nulla da dire.