Stabilimento aeronautico Caproni (Predappio)
Una fatiscente ma preziosa testimonianza di archeologia industriale.
Fu per volere di Benito Mussolini che, nel 1935, lo stabilimento aeronautico Caproni avviò la produzione di velivoli ad alto contenuto tecnologico in quel di Predappio (15 chilometri a sud di Forlì).
Il Duce del fascismo volle che una fabbrica prestigiosa desse lustro e occupazione al suo luogo nativo; e sorse così questo complesso, capace di dare lavoro a un migliaio di persone.
Il progetto era ambizioso: diversi corpi fabbrica addossati alla collina, e persino due gallerie del vento lunghe 130 metri. Pare che l’ingegner Gianni Caproni vi abbia aderito con grande riluttanza… ma poca possibilità di scelta.
I velivoli venivano realizzati in situ nelle varie parti, utilizzando la tecnologia mista metallo-legno che era tipica dell’epoca. Venivano quindi assemblati presso il vicino aeroporto di Forlì, dove si procedeva anche al collaudo operativo.
Lo stabilimento fu inizialmente dedicato alla costruzione su licenza dei velivoli trimotori Savoia Marchetti S.M.81 “Pipistrello”. In seguito, si specializzò nella fabbricazione del Caproni Ca.164, un biplano monomotore con finalità di addestramento, dalle qualità non eccelse (causò anche un incidente mortale in fase di primo collaudo). Essendo però determinante per la sopravvivenza dello stabilimento, ne fu iniziata la produzione in serie prima ancora che il collaudo definitivo venisse accettato… e ne venne modifcato l’impiego: da aereo di addestramento, ad aereo di collegamento.
Durante il periodo bellico lo stabilimento Caproni di Predappio fu potenziato e dotato una serie di cunicoli sotterranei per proteggere le lavorazioni dai bombardamenti.
La fine della guerra sancì anche il declino della Caproni, stritolata da una profonda crisi economica e dalle accuse di collaborazionismo (poi decadute) al suo titolare.
Lo stabilimento di Predappio venne quindi abbandonato a se stesso; e in tale stato versa ancora oggi, nonostante progetti di riqualificazione che però sono rimasti sulla carta.
Le foto dell’epoca mostrano una fabbrica imponente, corredata di tutti i simboli dell’ideologia del ventennio (fasci, scritte, motti…) e che sono stati in seguito rimossi. Unica testimonianza rimasta: la “M” di “Mussolini” sulla facciata principale del fabbricato. Photogallery:
http://www.flickr.com/photos/nicola70/sets/72157627981594010/
Tech
Foto a colori: Canon EOS 40D con Canon EF 17-40 f/4 L e Tokina 11-16 f/2.8, post produzione con DxO Optics Pro.
Foto in bianco e nero: Leicaflex SL con Leica Summicron 50 f/2, pellicola Kodak T-Max 400, sviluppo con ID11, scansione con Minolta Dimage Scan Dual III.