10 motivi per preferire la pellicola (parte 2)

On 10/12/2012 by Nicola Focci

Proseguo l’articolo dopo la pubblicazione della prima parte.

6. Presto e bene non vanno insieme

Non c’è dubbio che la tecnologia digitale permetta una fruizione molto più rapida: appena ho scattato, posso già vedere il risultato e poi condividerlo. Ma si tratta di un’arma a doppio taglio.

E’ facile, infatti, ricadere nella sindrome dello scatto ossessivo-compulsivo: non esistono più filtri, e si scatta anche l’aria che si respira… facendo crollare la qualità media dello scattato. In fotografia non vale il detto ducesco de “Il numero è potenza”: fare 200 foto perché statisticamente almeno 2 buone salteranno fuori, è illusorio. Se anche funziona, ci vuole comunque il tempo per scremare quei 200 scatti… E addio fruizione rapida.

Se la qualità è determinante (e non è poi detto che lo sia sempre), è molto meglio quindi la modalità di scatto riflessiva e quantitativamente limitata della pellicola. “Pensa due volte, scatta una sola”.

7. Il flusso di lavoro post-scatto è più snello

Eh?? Ma siamo sicuri? Ma non è forse vero che la pellicola va prima sviluppata e poi stampata?

E’ vero. Però anche un file RAW va sviluppato! Curve, livelli, maschere di contrasto, layersnon sono concetti elementari: padroneggiarli richiede pazienza, denaro, e soprattutto tempo. Certo, esistono i preset: un clic, e fanno tutto loro… ma col rischio di avere poi fotocopie di fotografie famose, prive di anima, prive di un proprio stile.

Sviluppare e stampare la pellicola è un’operazione non certo banale (dello sviluppo ho già parlato), ma prettamente manuale: i tempi si accorciano con la pratica, il controllo è maggiore,  e non è richiesta una laurea al MIT.

(NOTA – Io poi ho sempre la personalissima impressione di non avere mai il totale controllo sui programmi di fotoritocco. O perché cambia il monitor, o perché leggo un articolo che mi spariglia le carte, o perché esce una nuova release, o perché scopro l’esistenza di quel dato controllo, o perché ne cambio uno e mi si apre un mondo, o perché…)

A livello di archiviazione, poi, è molto più veloce organizzare una raccolta di negativi che non una raccolta di files. I provini a contatto permettono rapidamente di esaminare un progetto senza dover accendere un monitor o aprire un software di catalogazione. Non serve impazzire con le parole chiave (le ho sempre odiate) o i nomi dei files.

8. I falsi profeti non ci prendono mai

I falsi profeti sono quelli che prefigurano a breve la morte della pellicola: i costruttori (tutti!) falliranno, i prezzi saliranno alle stelle, i sali d’argento saranno dichiarati fuori legge, e trovare una pellicola sarà agevole come trovare un bastoncino di pesce ad un congresso di gatti.

Ma vogliamo crederci? No, perché la storia da’ tutt’altri insegnamenti.

I falsi profeti erano gli stessi che prefiguravano la morte del vinile, quando fu introdotto il compact disc. Direi che le cose non sono andate proprio così.

Dico di più: sono quelli che, negli anni ’80, erano sicuri che avremmo avuto una civiltà paperless, senza carta. E invece siamo sommersi dalla carta quanto e più di prima.

La televisione doveva pensionare la radio, internet doveva pensionare la televisione, la telefonia VoIP doveva pensionare quella fissa… e così via.

Se oggi si trovano ancora le tele e i colori per dipingere ad olio, perché dovremmo pensare che domani non troveremo più la pellicola?

9. Siamo persone reali e abbiamo bisogno di cose reali

Viviamo in una società profondamente virtualizzata (sms, e-mail, social network…), caratterizzata da un eccesso di comunicazione che – paradossalmente – finisce per comunicare poco.

La fotografia digitale spesso entra a gamba tesa in questo campo da gioco: si scatta così tanto, che nemmeno si sa più il perché.

Subentra persino una forma di auto-referenziazione: “scatto quindi sono”. Nemmeno importa come siano le mie fotografie: basta scattare.

La pellicola è invece un modo per tornare a qualcosa di concreto, di tangibile, di reale. Misurarsi con un manufatto che posso girare tra le mani, mostrare, farmi criticare da persone in carne ed ossa.

Presentare un qualcosa di tangibile che parla (e forte) per me: “Questo sono io”.

Non credo sia un caso che molti artisti professionisti usino ancora la pellicola…

10. Siamo persone reali e abbiamo bisogno di cose semplici

E’ proprio così. La complessità ci disorienta, ci ostacola, ci rende meno vigili e recettivi… mentre la semplicità è la chiave, specie quando c’è di mezzo una passione che pratichiamo fuori dagli orari di lavoro e quindi con un tempo a disposizione limitato.

Il modo più semplice per perseguire la semplicità di un sistema è, da sempre, quello di ridurre (ovviamente in modo ragionato) le sue funzionalità. Le moderne macchine digitali tendono invece ad essere sempre più zeppe di funzioni, comandi, pulsanti, rotelle, menù, sottomenù… col risultato di diventare complicate e cervellotiche. Usarle solo in “modalità scimmia” significa farlo in modo poco intelligente; usarle al meglio significa passare almeno due settimane a studiare il manuale.

Una reflex a pellicola degli anni ’70 è semplice ed efficace: fa quello che ci si aspetta, si carica il rullino e via. I parametri da regolare “sul campo” sono pochi e non distraggono, e anche i mirini tendono ad essere meno affollati di informazioni.

Per concludere

Da ultimo, un banale consiglio per chi ancora non ha provato la pellicola: non dobbiamo farci fregare dalla paura di ciò che non conosciamo.

Non conosco questo strumento, ne ho paura, e allora subentra un atteggiamento diffidente: non azzardo ad usarlo.

Ma se non azzardi, non lo conoscerai mai!

Provare per credere…

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