“Fare arte” significa “fare amore”
L’amore è il centro della tua vita.
Le cose che fai dovrebbero essere quelle che ami, e le cose che ami dovrebbero essere quelle che fai.
(Ray Bradbury)
Qualche tempo fa, scrivendo le mie pagine del mattino, riflettevo sul significato di “fare arte”.
Perché facciamo arte? (In senso generale, e includendo ovviamente anche la fotografia, che è arte a tutti gli effetti per quanto i puristi possano storcere il naso).
Io ho incrociato questa domanda con la definizione di “amore”. Secondo la Treccani: <<Sentimento di viva affezione verso una persona che si manifesta come desiderio di procurare il suo bene e di ricercarne la compagnia>>.
Infondo, e almeno per quanto mi riguarda, ciò che io ricerco con le mie fotografie è esattamente la “compagnia” dell’osservatore, ed il desiderio di scatenare in lui domande e interrogativi. Questi interrogativi, auspicabilmente, sono a fin di bene… cioè hanno lo scopo di innescare riflessioni sul vero significato della realtà, ovvero ciò che va oltre i modelli forniti dalle convenzioni e dal nostro cervello.
La mia esperienza personale degli ultimi anni, in effetti, è stata quella di dare “eccessiva importanza” alla mia mente razionale. Fidarmi eccessivamente dell’idea di realtà che la mente si faceva, sulla base dei sensi. E’ normale che sia così… ma il cervello è potente: basta pensare al modo in cui interpreta i segnali visivi. Distorce la realtà.
Il cervello crea “mappe” che non corrispondono al territorio.
Ed io gli ho dato retta troppo spesso!
Potrei citare le patofobie come esempio pratico… ma sarebbe uno di molti.
Ecco quindi che l’arte – non solo praticarla ma anche guardarla – mi ha fatto comprendere come il cervello sia in grado di elaborare cose incredibili, e incredibilmente realistiche… ma anche alquanto lontane dalla realtà. Nel bene, e nel male.
L’arte mi ha forzato ad usare un grandangolare (e quindi a considerare le cose nella loro interezza) anziché un teleobiettivo (invitandomi perciò a non perdermi nel particolare).
L’arte – ripeto, sia farla sia guardarla – mi ha aiutato a capire che “fare il mio bene” non sempre coincide con “fare quello che il cervello ritiene opportuno”. Ha aperto il mio punto di vista in modo radicale. Mi ha insegnato che mente e pancia non sono separate, ma una coppia con pari dignità, laddove l’una influenza l’altra ma devono trovare un equilibrio che sia bilanciato nel mezzo.
Tutto questo, io non esito a definirlo un atto d’amore!
Per questo credo che “fare arte” significhi anche “fare amore”.
Certo: si può fare arte anche per altri motivi meno nobili, ad esempio garantirsi una visibilità, avere vantaggi concreti, guadagnare vile denaro. Ma credo che, in questo modo, si verrà presto dimenticati. O ricordati in modo sgradevole.
Se l’arte non ha una spinta altruista, diventa sterile.
L’amore resiste allo strapotere del tempo.
Poi, per carità, prendetela come “considerazione iperglicemica” finché volete… 😀
C’è una frase di San Francesco d’Assisi che mi piace molto:
“Chi lavora con le sue mani è un lavoratore. Chi lavora con le sue mani e la sua testa è un artigiano. Chi lavora con le sue mani e la sua testa ed il suo cuore è un artista.”
siete (siamo) sulla stessa lunghezza d’onda 😉
Bellissima citazione, direi perfetta! Grazie… 😉
Ho appena stampato la pagina, la attacchero’ all aparete del mio ufficio. Dico solo grazie!
Grazie a te, Stefano! Troppo buono! 🙂