10 cose che ho imparato in 8 mesi di stampa analogica

On 24/06/2013 by Nicola Focci
Certosa di Bologna, 2013 (dal progetto "Incompletezza")

Certosa di Bologna, 2013 (dal progetto “Incompletezza”) – scansione da stampa ai sali d’argento su carta baritata

Ho iniziato a stampare in camera oscura ad Ottobre dell’anno scorso, ed è quindi ora di trarre qualche consuntivo.

Peraltro ci avviciniamo alla stagione dove le temperature massime esterne superano costantemente i trenta gradi e sarò costretto a fermarmi: la mia camera oscura non è climatizzata. Un motivo in più per raccogliere le idee.

Ecco che cosa ritengo di avere imparato in questi otto mesi (e ben venga se qualche consiglio può risultare utile a chi è più neofita di me).

1. Stampare non è fisica quantistica…

Bisogna dirlo subito: imparare a stampare in camera oscura è abbastanza semplice. Che poi per farlo bene occorra una vita, è un altro discorso; però si tratta della classica attività manuale non particolarmente complicata (infondo i parametri sono solo due, esposizione e contrasto) che si affina e si ottimizza con la pratica.

2. …ma richiede tempo

E’ ovvio, ma non è banale: ci vuole il suo tempo. Non è come premere “Stampa” nella finestra di un programma di videoscrittura.

Io ad esempio impiego circa due ore per fare 5-6 stampe… e oltre tutto sono ore “piene”, senza pause (a parte l’attesa per il lavaggio).

Quindi, questo tempo bisogna ritagliarselo!, avendo la quasi totale certezza che non si verrà interrotti. Inutile aggiungere quanto sia fondamentale sincronizzarsi col compagno/a e i suoi impegni (!)… Ma questo, del resto, vale per tutte le attività extralavorative.

3. Massimizzare i ‘chimici’

Le soluzioni diluite in bacinella non sono eterne: io, per sicurezza, cerco di farle durare max 24-30 ore. Questo significa massimizzarle, ottimizzando le sedute di stampa.

Ad esempio prevedendone due: una la sera, e poi la mattina successiva (tipo il Sabato o la Domenica) o la sera successiva al più tardi. Dopo, si butta tutto.

4. Come in cucina

E’ utile preparare (ed appendere ) delle “ricette rapide” per le diluizioni dei chimici: preleva tot di quello, aggiungi tot di acqua più volte, e così via. Proprio come se fossimo in cucina a preparare un piatto col libro della nonna davanti.

Io non mi fido affatto della mia memoria (peraltro pessima) né ho voglia di consultare l’etichetta della confezione tutte le volte. Con le ricettine, sono certo di predisporre tutto rapidamente e senza errori.

5. I negativi vanno preparati per tempo

Mettersi a rovistare nell’archivio dei negativi quando le bacinelle sono piene ed è tutto pronto, è una perdita di tempo.

Per questo, fuori dalla camera oscura ho un tavolo dove predispongo subito la cartella di progetto contenente i negativi che mi servono, già pronti e disponibili. Sembra un risparmio da poco, ma non è così.

Conviene sempre avere un po’ di “carne al fuoco da stampare”: preparare tutto per poi fare due stampe, ha poco senso (vedi punto 3).

6. I parametri di stampa vanno sempre registrati

M’è capitato di rigirare tra le mani una stampa della quale non ricordavo come era stata fatta, e non si tratta di una bella sensazione. Conviene scrivere tutto, perché in camera oscura è fondamentale avere situazioni ripetibili: il tempo è prezioso (vedi punto 2) e non sempre ce n’è a sufficienza per rifare i provini.

Io uso un quaderno con le anelle dove riporto, anche in maniera sommaria, la data, il soggetto della foto, e i parametri che uso per ogni tentativo (tempo, diaframma, contrasto). Stessa cosa per i provini a scalare. Quando i parametri mi soddisfano, li includo in un rettangolo e di fianco scrivo “OK”: significa che la stampa “di produzione” è stata fatta in quel modo.

E’ un quaderno “incrementale” nel senso che lo uso da sempre ed è quindi la mia “memoria storica”. Se ho qualche dubbio, lo sfoglio a ritroso.

7. Mascherature e bruciature “alla Ansel”

Anche se cerco di usarle cum grano salis (sono una rogna per un neofita come me), per la mascheratura e la bruciatura mi avvalgo del metodo consigliato da Ansel Adams nel suo “La Stampa”, ossia un metronomo per contare i secondi.

Se ad esempio devo bruciare una zona:

  1. spengo l’ingranditore,
  2. copro il foglio con un cartoncino pesante,
  3. avvio il metronomo (settato a 60 battiti al minuto),
  4. accendo l’ingranditore,
  5. predispongo la maschera sopra all’immagine e alla zona da bruciare,
  6. rimuovo il cartoncino (contando “zero”) per poi rimetterlo a conteggio ultimato.

8. Lavaggio baritate “alla Ilford”

I sacri testi dicono di lavare le stampe baritate per un’ora, ma l’ho sempre trovato assurdo e sprecone. Io utilizzo invece la procedura consigliata da Ilford:

  1. Fissaggio con Rapid Fixer 1+4 per max 60″;
  2. Primo lavaggio in acqua corrente di 5 minuti;
  3. Trattamento in wash aid per 10 minuti;
  4. Ultimo lavaggio in acqua corrente di 5 minuti.

Usare un wash aid significa avere tra i piedi una bacinella in più… ma c’è un consistente risparmio in termini di tempo e spreco d’acqua.

Il lavaggio lo effettuo in una bacinella collocata nel lavabo, con un filo di acqua a scendere, e la stampa sotto al pelo della superficie.

9. Asciugatura baritate anti zanzara

L’asciugatura delle carte baritate mi ha creato non pochi grattacapi, per via della loro (nota) tendenza ad arricciarsi dal lato dell’emulsione quando sono asciutte.

Inizialmente avevo provato mettendole ancora bagnate su un pezzo di cartone, e lasciandole lì ad asciugare; ma l’incurvamento risultante era orrendo:

foto_cart_res

Alla fine ho raggiunto la pace dei sensi con questa procedura:

  1. Una volta tolta dal lavaggio, metto la stampa su un pezzo di plexiglass e la “racletto” usando un tergicristallo da automobile.
  2. Poi colloco la stampa su una zanzariera intelaiata (pochi euro in un bricocenter), col lato emulsionato verso il basso.
  3. La lascio lì una notte.
  4. Al mattino, si presenta quasi spianata:

foto_zanz_red

Per spianarla ulteriormente, la metto per qualche giorno sotto una pesante pila di volumi enciclopedici (la cultura serve sempre!! :-D).

10. E per finire: quei piccoli aiuti…

…raramente citati, ma che trovo invece molto utili:

  • Le pinzette in metallo e col puntale di plastica, dotate di molla a chiudere, sono infinitamente più comode di quelle in plastica senza molla.
  • Una luce da tavolo molto puntiforme (io l’ho presa a LED per meno di 10 euro dal famoso negozio svedese) è utile per illuminare in modo radente il negativo, ed individuare la polvere da soffiare prima di inserirlo nell’ingranditore.
  • Il silenzio non aiuta la claustrofobia né la noia durante le “agitazioni” di bacinelle. Meglio avere uno stereo (ricordandosi di mascherare gli eventuali led!). Alla musica, però, personalmente preferisco Radio24.
  • Trovo molto utili uno stendipanni da parete (per i negativi ma anche i provini di stampa) e una lavagna di sughero (per appendere moduli, ricette, appunti):

foto

  • Io uso tre timer (tutti digitali): uno per lo sviluppo, uno per il fissaggio, e uno per il lavaggio. Gli ultimi due hanno il conto alla rovescia con suoneria. Quello per il lavaggio è doppio (comprato a dieci euro in un ipermercato) e mi conteggia anche il tempo del wash aid.

Finito qui?

A dire il vero, ci sarebbe un’ultima e undicesima cosa. Parecchio importante, pure! Eccola:

11. DI-VER-TIR-SI!!

In camera oscura bisogna soprattutto godersela. Non è un lavoro…

5 Responses to “10 cose che ho imparato in 8 mesi di stampa analogica”

  • bel post
    sto sperimentando con la carta baritata, cos’è il wash aid?

    • Il Wash Aid (altrimenti detto eliminatore o chiarificatore di iposolfito) è una soluzione in grado di aiutare il lavaggio, in quanto agevola la dissoluzione dei componenti critici (ai fini della conservazione) del fissaggio.
      In concreto significa diminuire i tempi di lavaggio, di un fattore che dipende dal Wash Aid usato (ed è indicato nel “bugiardino”), con tutti i benefici in termini di tempo e soprattutto risparmio d’acqua.
      Questo è il prodotto della Ilford: http://www.ilfordphoto.com/products/product.asp?n=46.
      Io uso o questo, oppure quello della Tetenal (si chiama “Lavaquick”).

  • Ciao Nicola sono Gioacchino abito a Noto in Sicilia.
    Grazie per i tuoi consigli
    ci sentiamo più avanti io sto provando ad avventurarmi in camera oscura dopo una lunga pausa.
    Nel frattempo mi sono attrezzato.
    Tempo permettendo spero di riuscire nell’intento, eventualmente ci sentiamo.
    Ciao

  • Ciao Nicola,
    prima di tutto complimenti !
    solo una curiosità .. per lo smaltimento dei chimici come fai ?
    questa è una questione che mi è molto a cuore .. io per adesso pensavo di usare i chimci ECO di Arsimago … ma non so se anche quelli si possono buttare semplicemente nello scarico.

    grazie e ciao

    • Ciao Jean, grazie per i complimenti!
      Per quanto riguarda lo smaltimento, getto lo sviluppo direttamente nello scarico, provvedendo però prima a diluirlo enormemente con acqua in un grosso recipiente. Il fissaggio invece lo porto alla stazione ecologica e lascio fare a loro.