Facebook e il confine tra arte e pornografia

On 24/01/2014 by Nicola Focci

Da diverso tempo circola su Facebook questo autoritratto della fotografa russa Anastasia Chernyavsky:

Anastasia Chernyavsky, "Pregnancy Project"

Come è facile immaginare, la pubblicazione di questo (a mio parere emozionante) scatto ha suscitato una ridda di discussioni, sia legate al fatto che Facebook aveva censurato l’immagine, sia sull’opportunità di mostrare fotografie del genere in modo così virale:

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Come sempre, vale la pena approfondire la cosa a partire dal “Chi”, e dal “Perché”.

Il sito di questa artista (professionista) contiene diverse fotografie analoghe, ad esempio nell’ambito di un progetto il cui nome è sufficientemente esplicativo: “Pregnancy Project”. L’utilizzo del proprio corpo nudo in progetti fotografici non è certo una novità e basta ricordare Francesca Woodman o Nan Goldin come esempio tragico e celeberrimo.

Può piacere o non piacere, ma non è questo il punto.

L’artista russa (che ha un casto profilo Facebook) rilasciò infatti un’intervista a corriereuniv.it dove spiega alcune cose interessanti:

  • Non fu lei a pubblicare su Facebook questa fotografia, e quindi a scatenarne il “meccanismo virale”. Fu fatto a sua insaputa (almeno così dice lei).
  • Ciò le ha però procurato un sacco di contatti e molta visibilità. Quindi è, in qualche modo, riconoscente allo sconosciuto che le ha rubato la foto dal sito per pubblicarla su Facebook.
  • La fotografia sembra assai spontanea, ma non lo è per niente: ha richiesto molti tentativi (per la precisione 12). E’ tutt’altro che un selfie colto al volo come se ne vedono su Facebook o Instagram, quindi è sbagliato giudicare secondo questi canoni. Dice anzi la fotografa: <<Impiego anche un mese per elaborare nella mia mente la foto che voglio. E’ un po’ come in cucina: non devono mai mancare gli ingredienti se vuoi realizzare un capolavoro>>.

Tutto questo da Facebook non traspare! E il motivo è ovvio:

Su Facebook si è portati a giudicare la fotografia per quello che “mostra”, dimenticando che essa non “dimostra” (si sarà capito che adoro questa citazione di Scianna!).

Avevo già parlato negativamente di tale social network (“Facebook e fotografie: occhio alla penna”), ed esprimo il mio personale disappunto per il fatto che opere di livello “alto” come questa  (parlo di emozione, resa, soggetti, tutto) finiscano in questo tritacarne virtuale, dove è impossibile apprezzarle e valutarle in modo completo. Meglio lasciarle fuori.

Il problema dell’opportunità, ad esempio, nemmeno si dovrebbe porre… perché l’arte, per definizione, non può essere inopportuna.

Quanto al discorso “censura sì / censura no”, resto perplesso anche io, visto che su Facebook si vedono cose ben peggiori di questa foto, ed evidentemente lì la forbice non ha agito. Ma ricordiamoci che Facebook non è un luogo democratico. Come spiego nel mio articolo, è impossibile lamentarsi – una volta messa la spunta sul fatidico “Accetto le condizioni”- dell’uso che vien fatto di fotografie nostre o altrui.

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