Foto brutte? Le fanno tutti, anche i maestri

On 27/10/2014 by Nicola Focci

 

Non abbiate paura della perfezione. Tanto, non la raggiungerete mai.

(Salvador Dalì)

 

Ammiriamo tutti il lavoro di Henri Cartier-Bresson (giusto per citare l’iperfamoso guru del “momento decisivo”); ma sarà banale a dirsi, eppure la sua produzione non è tutta lì. HCB ha scattato anche roba brutta (per non dire schifezza) che non vedremo mai pubblicamente.

E’ lui stesso a dirlo, parlando dei suoi provini:

La lettura dei provini… è per me come la lettura di un sismografo con i suoi alti e bassi: calma, foto piatta senza interesse, ma perché l’ho scattata? Passiamo oltre. Eh! Piccola scossa, sì ma è composta male, ero troppo lontano o troppo vicino – vediamo la prossima. Be’ il soggetto è scomparso, il sorriso si è spento. Si continuano a leggere le 36 foto del provino, sperando di scoprirvi l’immagine che racchiuda tutto: forma ed emozione ed è rarissimo, ma che gioia, poiché si vive nell’estrema fragilità dell’attimo.

(Henri Cartier-Bresson, appunto manoscritto, 3 Dicembre 1991)

Se proprio ci tenete, comunque, ecco un esempio concreto di una fotografia famosissima: “Le Baiser De L’hôtel De Ville” di Robert Doisneau, realizzata nel 1950 per la rivista “Life”. Il contact sheet, o foglio dei provini, mostra la sequenza scattata dal fotografo:

(Fare clic per ingrandire)

(Fare clic per ingrandire – Tratto da “The ContactSheet”, Ammobooks)

L’immagine scelta è ovviamente quella in basso a sinistra, e a ragion veduta: le altre fanno piuttosto schifo! (Tra l’altro dimostrano che la scena era stata preparata ad arte, impiegando due attori… ma questa è un’altra storia, e già l’abbiamo raccontata).

Premesso quindi che anche i maestri realizzano porcherie, quale insegnamento possiamo trarne?

1. Mai confrontarsi col top

E’ una trappola in cui si cade di frequente quando si è agli inizi: paragonare le nostre fotografie con quelle perfette dei grandi maestri. Come se, appunto, la loro produzione fosse tutta lì.

E così via.

Ovviamente, sono tutte lotte impari… ma il nostro cervello attua un meccanismo psicologico tale per cui “se l’asticella è alta, allora – in caso di superamento – il successo è garantito!”.

Dovrebbe essere rassicurante…

L’effetto, però, è invece quello di reprimerci.Di alzare un alto muro di mattoni intorno a noi stessi, un po’ come quello del famigerato musicista Pink… eliminando una componente fondamentale dell’essere artista: prendersi dei rischi.

Perché per saper fare qualcosa, bisogna anche passare per “il farla male”; e il provino a contatto di Doisneau lo dimostra magnificamente.

Il rischio è il fratello gemello dell’arte. Lasciamo perdere le asticelle troppo alte.

2. Imparare a scremare

Altro insegnamento dai grandi maestri: mostrare solo le nostre fotografie migliori.

(Per “migliori” io intendo “che ci appartengono”, cioè che soddisfano i nostri personali standard di qualità. Attenzione insomma a non cadere nel solito tranello dei dogmi).

Gli scheletri negli armadi, bisogna tenerli dove meritano di stare: negli armadi, appunto.

Dimostriamo che siamo capaci di fare una selezione, di possedere spirito d’autocritica. Scartiamo senza pietà quella foto che non soddisfa questi nostri standard. Non facciamoci fregare dal famigerato Effetto Ikea. Usiamo il cestino dell’immondizia (vero o informatico che sia), e facciamolo senza remore.

Poco importa, poi, che questo nostro standard di qualità sia poco apprezzato: è comunque la nostra opinione critica, e in quanto tale – cioè in quanto personale – non è discutibile. L’importante è essere coerenti.

Un fotografo senza un’opinione non si eleva minimamente dal proprio (e stupido) apparecchio di ripresa.

3. Dare l’opportuno contesto

Altro aspetto importante, sempre mutuato dai maestri: dare il degno contesto alle nostre opere.

Il contesto è fondamentale: non stracciamoci le vesti, né pensiamo ad un trucco! L’acustica determina la qualità di un concerto dal vivo, la pulizia influenza il gradimento di un ristorante, e il luogo di fruizione influenza pesantemente il modo in cui le nostre fotografie verranno giudicate.

Non sto necessariamente parlando di un luogo fisico: può anche essere sul web. L’importante è che sia curato, idoneo (sempre secondo gli standard personali di cui sopra), e in grado di agevolare la fruizione (penso a certe animazioni molto pesanti o siti con menù complicatissimi).

Se poi il luogo è fisico, non bisogna assolutamente lesinare. Va curato attentamente tutto: dalla luce in sala, ai biglietti da visita.

Le nostre fotografie si meritano il meglio del meglio.

A meno che…

Una postilla sui punti (2) e (3).

Quanto sopra vale nel caso di un fotografo “artista” (mi si perdonino le virgolette, è per sottolineare l’aspetto). Ovvero colui che, come abbiamo detto, persegue sempre e con determinazione le proprie opinioni .

Il tutto cambia drasticamente nel caso del professionista che lavora su commissione.

Quest’ultimo, di solito, deve perseguire con determinazione le opinioni del cliente!

Scrematura e contesto, quindi, dipendono fortemente dalle richieste del cliente. Se agli sposi piace la foto obliqua ripresa da sotto il tacco della testimone, va comunque inclusa nel book – anche se a me personalmente farebbe rabbrividire.

2 Responses to “Foto brutte? Le fanno tutti, anche i maestri”

  • Il caso… ho comprato giusto la settimana scorsa CONTATTI – provini d’autore vol1 (ed. postcart). Volevo capire come “ragionano” i grandi fotografi. Guardare dietro le quinte del loro lavoro. Anche solo capire come si “muovono” di fronte a un soggetto.

    è assolutamente vero che una delle grandi doti dei maestri della fotografia è proprio quella di saper selezionare le foto. Dopo il momento “creativo” (scattare le foto) segue il momento “razionale” della loro selezione critica. Il risultato è una foto formalmente corretta (composizione, esposizione, ecc…) che comunica qualcosa di interessante.

    Ma non mi dilungo, che questo argomento lo sto sviluppando in uno dei post del mio nascente blog 😉 dove ti inviterò come a prendere un the nel mio salotto virtuale 🙂

    • Sarà un vero piacere leggere il tuo blog e sorseggiare il the! 😀
      Qualcuno disse (mi pare Letizia Battaglia) che la selezione è come un secondo scatto. Quanto è vero!
      Io purtroppo ho solo un libro di contact sheet, ma spero presto di aumentare la mia biblioteca in tal senso…
      Grazie per essere passato, Stefano: confrontarsi con te è sempre un arricchimento. 😉